E così è capitato: siamo cresciute.
Eravamo già grandi, quando ci siamo conosciute, ma oggi siamo definitivamente donne.
Mi riferisco a Clelia, la mia socia bastiana, e a me. Alle nostre uscite, non più frequenti come una volta ma intatte, dense di considerazioni sul mondo e sulla creatività, contornate da risate interminabili.
Siamo cresciute, quindi. Pare che si tratti di una cosa democratica.
Ogni tanto ragioniamo sulla strada intrapresa, spesso ci chiediamo che senso dare ai prossimi passi. Non è sempre facile ma non esiste cosa più soddisfacente di avere tra le mani mille tessere di un domino costruito nel tempo, da riposizionare a seconda del periodo, a seconda dell’intenzione.Di solito lo facciamo davanti a una birra, che noi chiamiamo “il birrino”.
– Ci facciamo un birrino, Cami?
– Vada per il birrino, Cle!
Così, quando Assobirra mi ha chiamato per collaborare a “Birra io t’adoro” – la campagna di comunicazione collettiva dedicata a una donna indipendente e ironica – Clelia non ha avuto dubbi e mi ha detto che ero perfetta. Io ho sorriso.Siamo di poco fuori rispetto all’intervallo anagrafico preso in considerazione da “Una generazione che non si era mai vista. Donne che amano la birra”, la ricerca che l’Associazione ha commissionato a Doxa per comprendere le dinamiche di vita e le aspettative delle sue consumatrici.
Siamo arrivate una manciata di mesi prima delle Millennials, donne nate a cavallo tra i due millenni, tra i 18 e i 35 anni, ma siamo loro. Stessi obiettivi, stessa voglia di determinazione. Stesso bisogno di estensione.
Abbiamo passato la vita a studiare e a chiederci chi saremmo state e, improvvisamente, in un giorno come tanti, l’abbiamo capito.
Abbiamo capito che non siamo più donne da una sola categoria, da una sola professione, abbiamo capito che siamo di dove vogliamo essere (chiedo scusa per l’autocitazione), che il senso del nostro essere nelle cose del mondo lo decide una magica miscela di Destino e Determinazione.
Come le Millennials, condividiamo la voglia di pensarci in un ovunque espanso, che comprenda il buono di cui siamo portatrici e alimenti tutto quello che ancora deve nascere.
Perché una cosa è certa: oltre a quello che abbiamo raggiunto, c’è moltissimo altro.
Siamo ancora in cammino, nella parte in cui il cielo si è schiarito e la meta pare più concreta, ma ci sono ancora tanti passi, tante scoperte, l’ipotesi di un pranzo al tavolaccio di una bella osteria, l’ipotesi di una corsa a perdifiato, di una notte profonda e stellata, del silenzioso sopraggiungere di un vento ispirante.Io e Clelia ci siamo conosciute circa sette anni fa. Non escludo che ci fosse una birra tra di noi. Eravamo in un piccolissimo locale fuori Milano, una signora rubiconda ci serviva pasta annegata nel sugo, la pescava da un pentolone immenso e brandiva un mestolo con invidiabile sicumera.
Noi ci trovavamo lì per il concerto di un gruppo jazz che era tornato a suonare dopo tanti anni di silenzio. Era chiaro che il pubblico di astanti di cui facevamo parte fosse molto motivato e tenace. Poco meno di una settimana prima – non ci conoscevamo ancora – Clelia mi aveva scritto una lettera su Myspace (sì, la preistoria della socialità virtuale) dicendomi che secondo lei avremmo avuto moltissime affinità di pensiero e di gestione dei nostri rispettivi sogni.
Lei era già una musicista bravissima e in quel periodo era impegnata in un tour con Paolo Rossi. Risposi a quella lettera e ci ripromettemmo di incontrarci, non appena fosse stata di nuovo a Milano.
Quella sera, tra la signora rubiconda, il mestolo e le note di una formazione jazz, arrivò lei:
– Tu sei Camilla?
Da quella sera siamo diventate amiche e condividiamo ancora molti progetti creativi. Quelli meno esposti, forse, quelli che necessitano di maggiore cura e silenzio.
Della signora rubiconda non abbiamo più notizie – anche se qualcosa mi dice che in questo preciso istante abbia messo il sugo sul fuoco – e il gruppo jazz non esiste più ma univa i migliori musicisti sulla piazza, gli stessi che sono ancora cercati, amati e osannati.
In 30 anni, l’Italia è diventata il Paese con il maggiore numero di consumatrici di birra e con il minore consumo procapite. In pratica, beviamo con senno. In pratica, associamo il gusto inconfondibile di questa bevanda dal colore paglierino alla piacevolezza di un incontro, alle parole importanti che si porta dietro, alla possibilità che una serata come tante diventi un ricordo importante del nostro futuro.
A noi piace sperimentare birre sempre nuove, sorprenderci per un calice non contemplato, sorbettare il primo sorso a occhi chiusi per definire parentele e discendenze.
Di fronte alla birra abbiamo riso, pianto e ci siamo confrontate con fermezza. Se lei, la birra, fosse stata una macchina da presa, oggi avremmo un film della nostra amicizia: campi stretti, primissimi piani, pochi movimenti di macchina e tanti, tantissimi dialoghi.
Cose che mi scocciano terribilmente di noi: la drastica diminuzione di biglietti di Natale con frasi stupende che mi facevano sentire la migliore del mondo, i tempi concitati del nostro vivere parallelo, non avere più le chiavi del nostro piccolo ufficio di fianco alla Santeria.
Cose che di noi mi fanno sentire ancora molto fortunata: un numero di telefono che mi risponderà sempre (o che al massimo mi richiamerà appena può), la certezza di essere capita, la sicurezza che ci siano ancora mille cose da creare insieme.
Che sia un’ottima giornata!
Camilla
Zelda was a writer
ps: Questo post nasce dalla collaborazione con Assobirra per la sua campagna “Birra io t’adoro”.
Per maggiori informazioni: sito – facebook – twitter – youtube
Grazie per essere arrivati fino a questa riga!
Ho letto birra e sono corsa a leggerti.
Il birrino l’ho subito riconosciuto…sono bevitrice consapevole e curiosa.
Il tuo post è un bel inno alle donne indipendenti, che si incontrano per caso e si re-incontrano per determinazione, anche s con qualche biglietto d’auguri di Natale in meno.
Grazie Rossella! Sono felice che ti sia piaciuto! Dentro c’è molta parte di quanto ho tentato di costruire in questi anni: relazioni e cammini condivisi!
Un abbraccio stritolante!
Questa mi è piaciuta: “A noi piace sperimentare birre sempre nuove, sorprenderci per un calice non contemplato, sorbettare il primo sorso a occhi chiusi per definire parentele e discendenze”.
Tra tè e libri, la birra, in questi anni, ha trovato sempre più spazio, complici un compagno “mbriacone” e i boccalini più capienti di un calice di vino.
Le risate di gusto: preziose come gioielli.
Averne di più!
—Alex
Sempre di più!
Come mi sono sentita vecchia.
Ho letto questo bellissimo post con un misto di ammirazione e gioia per le vostre vite e un po’ di malinconia per la mia.
Devo riscoprire il desiderio di “pensarmi in un ovunque espanso”, perché potrà essere pieno di molto se non mi fermerò solo a sognare e fantasticare ma saprò anche creare e concretizzare.
grazie
Non sei vecchia! Anche noi pensiamo alle millenials che siamo state, ha quello che abbiamo o non abbiamo fatto. Purtroppo niente è facile: decisioni, scelte indotte, fatiche a perdere… Però sì, il dare corpo a intuizioni e sogni, anche malamente, anche con ritardi cronici, può regalare nuova energia, nuovi stimoli!
Grazie a te, cara Claudia!
Ciao Camilla!!! Mi sono affacciata nel tuo mondo da poco, ma fin da subito sono rimasta rapita dai tuoi spunti di riflessione. Ti seguo costantemente e con questo post sei riuscita a cogliere perfettamente sensazioni e sentimenti che provo nei miei più stretti legami di amicizia. Leggerti è stato come ripercorrerli tutti: uno a uno!!! Spero che ci sarà occasione di seguire dal vivo qualche incontro di “bookeater”, visto che io sono di Roma. Nel frattempo ti seguo assiduamente… un abbraccio!! Alessia
Ciao Alessia!!! Benvenuta qui!
Spero di conoscerti presto al BookeaterClub, chissà che un giorno non diventi itinerante!
Mille sorrisi e tanti abbracci!
Camilla
L’ultima foto è una di quelle così belle che mi fanno venire voglia di prendere una macchina fotografica in mano e provarci anch’io! ;)
Vai! Provaci ;)
Attendo di vedere i primi risultati!
Baci belli <3