Venerdì notte, in preda a una bolla di insonnia furente, immersa in mille domande su chi sono-dove vado-cosa penso, è arrivato Joy, il film di David O. Russell con Jennifer Lawrence come protagonista.
Ho ricevuto il dvd perché dallo scorso 12 maggio il film è sbarcato in tutti gli store digitali – iTunes, Google Play, Chili TV, TIMVision, Wuaki – mentre da qualche giorno può essere acquistato in Blu-ray o DVD.
Ero libera di vederlo quando avessi desiderato e, mentre vi scrivo, mi fa ancora specie che la mia nottata di domande – incrementata dalla vicinanza del mio compleanno e dai bilanci che si è inevitabilmente portato dietro – abbia trovato proprio in questo film una grande risposta.
La storia è ispirata a Joy Magano, prolifica mente creativa e madre, tra le altre invenzioni, del Miracle Mop, una sorta di scopettone autostrizzante. Nella vita vera, la donna lo produsse nell’officina del padre, iniziando a venderlo porta a porta. Fu poi il passaggio a QVC, noto canale di televendite, a decretarne il successo e a decidere il suo destino fortunato.
Presentato da altri conduttori, il Miracle Mop stentava a decollare ma, una volta raccontato dalla sua creatrice, diventò un successo senza pari.
Joy mise la faccia e la passione, la gente l’ascoltò.
Il regista di Joy ha dichiarato che il film è stato ispirato solo per il 50% alla storia della ormai famosissima Joy Mangano ma che, per la restante e corposa percentuale, miscela amorevolmente la storia di tantissime altre donne, donne tenaci e volitive che hanno rincorso la loro realizzazione professionale e personale nonostante tutti gli ostacoli del caso.
Non vi starò a dire quanto sia stato utile guardare un film del genere durante il mio momento di domande infinite. E non voglio neanche fare tanti paralleli con la storia, essendo ambientata in America, un contesto lontano mille miglia dal nostro, in cui questo genere di realizzazione è senza dubbio più auspicabile.
Ma permettetemi di lasciarvi con alcune riflessioni.
Da tempo, lo sapete, mi sono imbarcata in un nuovo sogno, quello della mia cartoleria.
Uno shop online è un impegno costante, le spese sono aumentate, il lavoro di progettazione è diverso, così come lo sono la comunicazione e la fitta rete di rapporti che mi lega a clienti e fornitori. Quindi, lo dico qui e lo sottolineo anche, il prossimo che mi dirà: uh, ma che cosa carina, ti sei aperta un negozietto sul web, verrà preso a simpatiche testate.
Nella mia vita ho sempre sperato di esprimere questo sacro fuoco che mi porto dentro. Per molto tempo, però, ho pensato che un’energia tanto confusa e variegata fosse un male, disperdesse le sue potenzialità. Poi sono arrivati i tempi incerti e le loro domande sospese e vi devo dire che, nella fatica, sono stati dei grandi alleati perché non ho avuto più bisogno di incasellarmi in una professione ma sono riuscita a muovermi in modo trasversale.
La cartoleria è la mia gioia fattiva. Tempo fa, mi hanno chiesto se non lo trovassi un progetto svilente, visto il mio curriculum, ma io – oltre a non capire come un lavoro scelto, fatto con cura e amato possa essere svilente – trovo che sia una grandissima occasione per tutto lo zainetto di sollecitazioni che mi porto sulle spalle.
Il nostro Paese non ci aiuta affatto. Inutile dire il contrario.
Gli stessi fornitori – su cui prima o poi scriverò un post – lamentano la serialità della grande produzione ma non investono sulle dinamiche dei piccoli produttori: non li ascoltano, non ci credono, non sentono che nascerà lì la vera rivoluzione.Fatte queste premesse, Joy mi ha ricordato di quanto la tenacia e la lungimiranza siano in grado di generare miracoli. Il punto di partenza di questa donna è pari a zero, un po’ come il mio: nessun santo in paradiso.
Per me, come per tanti, non c’è nessuna somma d’investimento iniziale ma un paziente reinvestimento dei guadagni, nella speranza di non sbagliare una previsione e di ritrovarsi quindi senza fondi da reinvestire.
Joy lotta. Contro tutto: mulini a vento e massimi sistemi ma anche fine mese e la furbizia della gente. Lotta e non cede. Nella sua impreparazione a tutto è sicura, volitiva, indistruttibile.
Ci mette la faccia, un po’ come me e tutti quelli che si espongono. Sbaglieremo, certo, ma per ogni fatto – fosse anche il sacchetto in poliuretano con cui imballiamo i nostri prodotti – ci siamo fatti almeno mille domande.
Il fatto sorprendente di questa nuova vita da piccola commerciante è che ogni azione ha il tempo giusto per essere ragionata e compresa: ogni azione può fare la differenza. Sogno un momento in cui le cose andranno talmente bene che potrò creare una squadra di persone che oggi guardo silenziosamente da lontano e che mi sembrano perfette e piene di cose da dire, di talenti da dimostrare.
Lo stesso meccanismo è alla base della grande ascesa di questo personaggio, che – all’apice di tutto – continua a ricordarsi della fatica, dei patimenti, delle limitazioni esperite, che si adopera per valorizzare il lavoro altrui, le passioni, le speranze.
Molto spesso ci dimentichiamo di quanto la nostra felicità, il nostro bisogno di realizzazione, se alimentato e accresciuto, possa diventare un fatto di tanti altri, disinnescando meccanismi paludati, cambiando vite, decidendo destini.
In questa nuova fase della mia vita, fase anagrafica, inizio a ritenere la mia felicità un fatto civile perché, in un giorno come tanti, mi è parso chiaro che non sarebbe mai stata una questione privata. Voglio farcela per dare una chance a chi non può che essere prudente, per ringraziare i miei genitori, per ipotizzare un mondo senza buste di poliuretano, per rifare qualcosa – qualcosa di piccolo – per rifarlo al meglio. Voglio farcela perché vorrei che fosse chiaro che nella vita non serve un principe, una bustarella, un corsia preferenziale. Perché se aspetto il mio turno non perdo tempo, se dico grazie non appaio debole, perché se ragiono sull’impossibile non sono pazzo.
Joy mi ha regalato un’ondata di positività per queste ore. Se serve anche a voi, guardatelo.
E poi. Poi, se incontrate un fornitore, ditegli di abbassare la soglia minima di pezzi da produrre, ditegli di pensare sempre meno ai grandi colossi e sempre più ai piccoli e tenaci produttori di speranza. Se qualcuno vi propone un progetto che vi sembra impossibile ma che accende le vostre speranze, dedicategli tutto il tempo libero che avete: non lasciate il vostro lavoro principale, siate prudenti, ma adoperatevi per fare del vostro meglio per esserci sempre, per lottare e crederci.
Non si dice abbastanza che il risultato più grande di una vita non è essere riusciti a realizzare un sogno ma aver dimostrato a se stessi di essere in grado di affrontare la vita e i propri desideri con presenza e determinazione.
Io ci credo con tutta me stessa e voi?
Camilla
Zelda was a writer
(ph. credits: ad esclusione della prima, le foto di questo post sono scene tratte dal film e non sono di mia proprietà. Per qualsiasi problema di copyright, sono disposta a rimuoverle)
Sì sì sì che ci credo! Adesso un po’ di più…
Grazie
Grazie a te, Arianna!
:)
Cara Camilla,
parole sante, parole sagge. Parole capaci di tradurre l’intimo desiderio di tante donne , tante persone.
Mi sento molto in empatia con questo tuo bellissimo post, ancora di più con l’ultimo capoverso.
Grazie
Un abbraccio
Benedetta
Ce la faremo, cara Benedetta!
Un abbraccio e in bocca al lupo per i tuoi progetti!
Grazie! In bocca al lupo anche a te, per tutto! Continua così !
GRAZIE ANCORA, cara Benedetta!!!
Cara Camilla, a questo punto ho una gran voglia di vedere questo film.
Brava, vai avanti con il tuo bellissimo progetto perché è di questo e di persone come te che il nostro paese ha bisogno!
Siamo creativi, bravissimi artigiani, il nostro knowhow è apprezzato nell’universo intero e noi non lo capiamo. Quando riusciremo a cambiare la nostra mentalità e a capire l’enorme potenziale che abbiamo insito nel nostro dna allora sì che ne faremo delle belle, nel frattempo CHE FATICA…
Continua così!
Grazie, Valentina! Nell’attesa che le cose cambino, noi continueremo a mettercela tutta e a parlarne, per non sentirci drammaticamente soli.
Un abbraccio stritolante,
Camilla
Mi sono commossa tantissimo, grazie!
Ti stritolo!!!
Beh, cara Camilla, che dirti… aspetto, nel mondo degli umani, abitanti come te che siano fieri della loro onestà. Ne ho disperato bisogno per me stessa e per far credere alla quasi-undicenne figlia che nulla è perduto in questo sconforto civile generale.
Ti guardo da lontano attraverso la finestra del tuo blog e ti ammiro. Ti ammiro proprio tanto e dopo questo post ancora di più.
Ce la farai sicuramente.
PS: ah, dimenticavo, anche io ce la farò!
Positività a manciate,
baci cari
Donatella
Cara Donatella, scusa se ti rispondo solo ora!
Le tue parole sono di grandissimo aiuto!
Mille baci e in bocca al lupo a te, per tutti i sogni che hai ancora nel cassetto!
Camilla
sei di grande ispirazione per me, condivido il tuo sogno ma mentre tu lo stai realizzando io mi faccio bloccare dalla paura, troppe incognite per il mio futuro, troppa poca autostima… eppure da qualche parte dentro di me c’è una vocina che dice che ce la posso fare, ma è ancora troppo flebile per riuscire a darle ascolto!
per ora mi sto impegnando a lavorare su me stessa, per uscire piano piano dalla mia “comfort zone” e buttarmi in un progetto di vita!!!
io sono qui, pronta ad ascoltare tutto!
in bocca al lupo <3
Per la seconda volta. In un pomeriggio. Sempre in ufficio. Ah si, dimenticavo, sempre sommersa di numeri. Quindi, tirando le somme, o sono una stalker incallita o una che si è scoperta piagnona a 32 anni. Perché non è solo la seconda volta che in un pomeriggio commento un tuo post. E’ anche la seconda volta che, tentando di arrestare la discesa di una impietosa lacrimuccia sul mio fondotinta, mi dico che allora no, non sono pazza. Non sono pazza a non essere ancora riuscita a sistemare le mie idee, le mie passioni, troppe, troppo, tutto troppo. Faccio quadrare i conti tutti i giorni e sono brava, riesco a farli quadrare anche al centesimo. Tanto quanto non riesco a far quadrare il marasma di colori a tempera che ho nel cervello, pronti a scrivere (rigorosamente con le dita e senza pennello) parole che altri definirebbero confuse. Ma che, semplicemente (senti quanto suona confortante? sem-pli-ce-men-te… però mente!), sono parole che parlano di un sacco di cose. Mi sento un puzzle e sapere che non ballo da sola è bello. Guarderò il film, continuerò a leggerti. Magari non in orario di lavoro a rischio decapitazione, licenziamento e conseguente “finalmente faccio ciò che voglio”! A presto
Non sei una stalker o una piagnona! Ogni tanto ci si riconosce da lontano ed è molto emozionante, tutto qui!
Un sorriso di sole, cara Simona!