E succede così: che sia un lavoro di squadra svolto con passione, lungo l’arco di quattro giorni intensi, a ridare forza ai tuoi piccoli obiettivi atrofizzati. Ora scrivi e ti pare di dormire in piedi, ti pare che il corpo non segua il bisogno – urgente – di fermare sulla carta questo senso di soddisfazione esteso e pacificato.
Sono tornata, Amici.
Tornata e felice, in un modo che non saprei spiegare. Beh, il come sia tornata mi è abbastanza chiaro: tra il guidatore e il secondo pilota di un camioncino bianco alto alto (mai capitata cosa simile!) e forse questo potrebbe argomentare molta parte della suddetta e inspiegabile felicità… o molto più semplicemente, tutto potrebbe dipendere dall’essere nelle cose, dal credere nei progetti e sentirsi parte di un procedere comune.
Ieri sera era tardi. Abbiamo deciso di fermarci a Bologna perché non ce la sentivamo di viaggiare con quel fardello di stanchezza addosso. Sulla strada del nostro bed and breakfast (gestito da una signora piena di verve emiliana e abitato, tra gli altri, da Cicerone-il-gatto-obeso) abbiamo sostato nei pressi di un asilo nido, in una stradina in cui le nostre chiacchiere non avrebbero disturbato il sonno di nessuno. Tirava un vento di quelli che non capisci come possano essere così perfetti: tiepido, ordinato e aromatizzato al gelsomino. Si parlava con quel tipico tono notturno di chi sussurra confidenze, tutto aveva il sapore della serenità: qualche animaletto dalla scocca color mogano girava indisturbato e io per un attimo mi sono sentita in pace con gli elementi, stanca da far paura, con la vaga sensazione di avere un trucco alla Alice Cooper ma in perfetto asse con la fine di una giornata intensa e utile.
Sono maledettamente alla ricerca di serate come questa, quando le spalle del tuo maglioncino nuovo sono le mani dell’amica che te l’ha regalo perché non tu prendessi troppo freddo, quando guardi negli occhi i tuoi compagni di lavoro e sai che lì c’è comprensione, tentativo, bene; quando quello che ti aspetta in un futuro prossimo non è sfida, ma evoluzione, estensione, avanscoperta e addizione.
Durante la manovra di parcheggio, poco prima dei brividi da gelsomino, abbiamo incontrato tre ricci che caracollavano nel verde del sottobosco (per la cronaca, non ne ho schiacciato nessuno!). Erano degli esserini splendidi, goffi e acuminati. Procedevano con fare circospetto e sondavano le oscurità con un naso umido e tremante. Il timo cantava melodie aeree e la natura non pareva mai abbastanza addormentata. Ecco, è stato lì: mi sono scoperta fortunata.
Perché è così che capita: capita che finché la sorpresa abita le mie notti di nulla, non ci sarà favola che possa temere l’oblio.
BACIBELLISSIMI A TUTTI!!
Un ringraziamento speciale a Vignola:
Dio salvi lei e le sue ciliegie!
Bentornata! Viva Vignola, i ricci e il timo che canta. Notte
Non so perchè, ma a vedere quel beautycase, mi viene da dire:
"Make up, Little Susy, Make Up!"
FORTISSIMA