I migliori momenti della lettura sono quelli in cui ti imbatti in qualcosa – un pensiero, un sentimento, un modo di guardare le cose – che tu pensavi fossero speciali, esclusivamente tuoi. E all’improvviso ecco che te li ritrovi scritti da qualcuno che tu non hai mai conosciuto, magari morto da un pezzo. È come se una mano si protendesse a stringere la tua.
Alan Bennett
The History Boys
Sono tanto legata a questa frase, Amici belli! Se vi ricordate ne avevo anche scritto qui, in occasione dell’omonimo spettacolo teatrale presentato all’Elfo tempo fa, con un enorme successo di pubblico e critica. La notizia buona è che lo spettacolo verrà riproposto nel corso della prossima stagione, quella ancora più buona è che vi troverete descritti in un modo tanto intimo e delicato da portarvi questa esperienza nel cuore per molto e molto tempo.A me è capitato così con i libri di Gina Lagorio. Io le devo il mio anelito alla scrittura e so benissimo che il nostro non-incontro ha rappresentato per entrambe uno scambio di amorosi sensi. Il tempismo non ci ha aiutato: sono arrivata a leggerla due anni dopo la sua morte, ma io sono certa di averla incontrata nella dimensione dell’impalpabile, nella piena sospensione di un sentimento forte e totalizzante.
Ho scoperto Gina Lagorio in un’estate torrida e annoiata di quattro anni fa.
Entro in una libreria per comprare una penna a quattro colori (lo specifico per farvi capire il grado di sconforto che mi attanaglia in quei giorni). La riviera geriatrica in cui mi trovo per l’ennesima estate senza spiccioli mi sta regalando – in maniera del tutto inaspettata – delle opzioni stupende: leggo e scrivo. Senza posa.
Scopro il passaggio di persone illuminate lungo le mie stesse traiettorie, scopro che nell’esatto punto in cui mi trovo, tra gomme a forma di coccinella e penne a sfera, hanno vissuto, per periodi più o meno lunghi, personaggi del calibro di Anna Maria Ortese, Friedrich Nietzsche, Luciano Bianciardi, Sigmund Freud, Jean Sibelius, Ezra Pound, Oskar Kokoschka e tanti, tantissimi altri. Il territorio comincia ad avere una storia, la voglio conoscere tutta e così vago, vago come un flâneur in ciabatte, totalmente indifferente al passaggio di milioni di calzini bianchi al ginocchio su sandali ortopedici.
La bellezza esiste: in quell’estate io ne ho un chiaro segno. E da lì comincia tutto, da lì inizio a scrivere Libro.
Faccio un giro tra gli stand di libri della cartoleria. Potrei rileggere Buzzati, penso. Tengo in mano una pila impossibile di volumi, poi arrivo a lei e mollo tutto. Eccola, è Gina Lagorio.
Chi sarà mai? Lo so, sono colpevole, ma non la conosco.
Leggo la quarta di copertina di Inventario e mi dico che sì, si può fare: Inventario e una manciata di bic a quattro colori finiscono nella mia borsa. Da quel momento inizia un amore fiducioso, crescente, colorato, emozionante. Alzo gli occhi dai suoi libri solo per controllare che l’orizzonte non si sposti, come Giovanni Drogo nel Deserto dei Tartari. Mi perdo lungo merletti di verde e luci e mi dico che la Liguria è un posto magnifico, soprattutto per chi ha a che fare con le parole scritte.
Gina Lagorio è stata la scrittrice che vorrei essere e la donna che spero diventi la bambina a cui facevo da baby-sitter dieci anni fa. La cito perché ieri sera – tornando dalla presentazione di PARLAVAMO DEL FUTURO, una raccolta di scritti della Lagorio (curato dalla figlia Simonetta per Melampo editore) – l’ho vista in macchina, abbracciata al suo fidanzato. Sono andata a salutarla e le ho raccontato del mio incontro. Era bella e felice, proiettata e gentile.
In definitiva, ogni donna dovrebbe sapere che la vita è un tetris di incastri mirabolanti. Sarebbe bello che ognuna di noi potesse sapere di essere libera e volitiva. Di avere il gioco in mano, di essere libera nell’accostamento di colori e forme. Li ho lasciati che tornavano a baciarsi e ho espresso per lei un sogno dorato, da selezionare a sua totale discrezione.
Gina Lagorio mi ha insegnato la passione per le cose che si amano, il bisogno fiero e materno di non girare mai la testa di fronte a nefandezze e soprusi, il piacere di essere vivi, con un corpo e un’anima. Non c’è mai stata una volta che il suo scrivere non contemplasse citazioni di altri scrittori o piccole esplosioni di vita vera e appassionata.
Vorrei che chiunque fosse tanto libero. Di sognare amori letterari tra le mura di Cherasco, d’infervorarsi per una passione, di vivere il bacio del sole sulla pelle e il solletico delle brume invernali come una grandissima fortuna privata e irrinunciabile.
Ieri ho conosciuto Simonetta e Silvia Lagorio. Ero con la mia amica Germana. Ci siamo commosse, abbiamo riso, ci siamo tenute il fianco con amorevole confidenza. Ora che guardo il loro numero di telefono nel mio taccuino dei Tre Porcellini (grazie Pulcina!), e ricordo la promessa di un incontro, mi viene da pensare che tra tanta gente noi ci siamo riconosciute.
Io credo che la vita sia un perfetto e strabiliante incastro di contingenze ed endecasillabi.
Molto più fantasiosa di noi, ma sempre e comunque al nostro servizio.
Buonissima giornata, Amici belli! Oggi sono felice.
xoxo
Gina Lagorio
PARLAVAMO DEL FUTURO
a cura di Simonetta Lagorio
Melampo editore
Gina Lagorio, dovunque si trovi adesso, sarà ancor più felice di aver intrapreso un giorno il suo mestiere di scrittrice.
ops, scusa… dopo aver letto il tuo messaggio ero momentaneamente caduta dalla sedia! :DDD
mamma mia, Chiara!! maaaammmaaa miaaa!
Bellissimo. Bellissimo post e bellissima vita.
Ogni volta che ti leggo ho l’impressione che più ti riempi di cose belle, più fai spazio per cose nuove ancor più belle!
:)
grazie fiorellina mia! è un periodo che valica il pensabile, le più rosee aspettative. forse gli occhi vedono meglio, forse è un incastro di fortunate circostante. sono felice e ti voglio molto bene. ecco.
Mi sono presa uno dei suoi libri in biblioteca, che mi è venuta voglia di leggerla, grazie alle tue parole.
Grazie!
uh sonia! questa sì che è una soddisfazione! curiosa, io: cosa hai scelto?
benvenuta qui!!
bello bello bello bello. e quella frase di giovanni raboni mi si è appiccicata addosso.
grazie cami.
Tu mi devi spiegare perchè tutte le volte che ti leggo piango e tutte le volte che ti vedo rido. Sei Giano!
Bellissimo post.
Io Libro non lo voglio leggere perchè già so che piangerò dalla prefazione all’indice. Ma non perchè scrivi cose melense, perchè usi le parole per dipingere scene emozionanti.
ps. Non è vero, lo voglio leggere….
<3 ti adoro, chiarina!
in Libro si ride molto e forse sì, qualche volta una lacrima può scendere… ma giuro, nessuna lacrimazione gratuita o made in Montedison! ;)
non vedo l'ora di sapere cosa ne pensi!
Vorrei avere le idee chiare come le hai tu; bellissimo post, oggi vado ad ispezionare una libreria in cerca di uno dei suoi libri. Grazie.
:)) mi si è chiarito tutto da pochissimo tempo, cara CL, ma non è che la gestione di questa chiarezza sia molto semplice :DD!
vai vai e cerca, e poi dimmi cosa trovi: sono curiosa come un furetto!
buona giornata!
Che piacere leggere queste parole!
Ho avuto la fortuna di conoscere Gina Lagorio a un Convegno di Scrittori Italiani presso l’Università di Salamanca, la mia città. È stato un incontro emozionante, le ho parlato delle ricerche che i miei alunni facevano sui suoi libri e lei entusiasta mi ha detto di mandargliene alcuni. E così ho fatto. Da allora c’è stato uno scambio epistolare bellissimo in cui mi parlava dei suoi libri, delle figlie , di futuro…
Ad ogni nuovo libro, mi arrivava un bel pacchetto con il volume dedicato e un affettuoso biglietto.
Nell’ultima sua lettera mi parlava di “Capita” che ho comprato e letto con le lacrime che cadevano dagli occhi come cascate. I romanzi da me prediletti sono “Tosca dei gatti” e “Il Bastardo”.
Cristina, sono senza parole! È una storia meravigliosa! Quanta ricchezza può generare il confronto, quanto è bello non smettere di cercare e di creare legami!
Un sorriso,
Camilla