Amici belli, una breve incursione nelle cose di Zelda per condividere bellezza e bravura: ecco a voi una nuova tappa dello Straniero di Emiliano Gucci :D
Spero stiate bene e siate felici!
Qui il tempo è incerto e l’aria sa di burro fuso… Forse per mantecare meglio gli animi…
Torno nelle prossime ore, voi intanto fate i bravi. Anzi no, non fateli, una buona volta! ;)
xoxo
Non avevo mai notato che qui ci fosse un ponte. Un pontile pedonale che si addentra nel mare. Stretto, quasi una passerella su cui è difficile scambiarsi, ma tanto lungo che il finale non si vede, s’incunea nel tramonto, lo trafigge. Non c’era un ponte, qui. Non è possibile che ci fosse. È di metallo, forse d’acciaio verniciato, c’è ruggine intorno alle cavicchie e alle corde, ai bulloni, come se il tutto avesse già affrontato un’infinità d’inverni; il salmastro ha mangiato la buccia, il sale ha attaccato la polpa. L’hanno rimosso da qualche altra parte e rimontato qui, penso. Un ponte di seconda, terza mano. Lo imbocco e m’incammino percorrendolo, trafiggendo le ali di sabbia e umanità in costume e schiuma che s’infrange, addentrandomi nell’immensità del mare. C’è quiete, nella violenta musica che fa. È tigrato di sfumature, correnti bizzarre e profondità diverse, scie oleose, filamenti cangianti; è chiazzato da branchi di pesci meravigliosi e alghe coloratissime, detriti industriali, creature misteriose, segreti inenarrabili. È magnetico, e più che ci cammino dentro più che lo diventa, e passano i chilometri ma del ponte non si vede fine, del vento non si paga pegno. Senza stagione, senza tempo. Dio, penso. Incrocio poche persone che camminano in direzione opposta alla mia. Non hanno volto, quindi né occhi né bocca né orecchie, solo qualcuno ha il naso oppure un semplice buco, per respirare. Ecco a cosa sto andando incontro, penso, ecco il prezzo da pagare: sarò straniero più di ieri e dovrò scrivere, se vorrò parlarti. Poi una bambina piange perché la madre non le compra il ghiacciolo giallo e tutto torna banale, sotto controllo.