Testo introduttivo per È La Liguria Terra Leggiadra
calendario a sostegno degli alluvionati della Liguria
OLTRE IL MONTE DI PORTOFINO
di Camilla Ronzullo – Zelda was a writer
novembre 2011
Nel corso di una trasmissione televisiva realizzata per presentare Crêuza de mä, Fabrizio De André cercò di spiegare il profondo senso di precarietà che agguanta, in una morsa di dolore e fatalismo, ogni cuore abituato a vivere il mare e i suoi repentini cambi dʼumore. Lo fece in modo mirabile, elegante ed intenso. Non era nuovo a questo genere di affabulazione, ma quando iniziò a parlare di Genova e dei suoi abitanti, il discorso toccò vette di un lirismo non comune, solleticando la pancia di nuvole magicamente vicine al Divino. Le tenaci gemme incastonate nel cuore e nelle rughe dei marinai, da lui mirabilmente descritte, divennero allora qualcosa di prezioso, utile ad ornare la vita di ognuno di noi, nei giorni di risacca come in quelli di scirocco.
Riflettendo sulle incertezze della vita in mare, De André prese a citare un detto genovese, che suona all’incirca così: Cae mugge, passou u munte de Portufin turnu franco e fantin, “Cara moglie, passato il monte di Portofino ritorno libero e scapolo”. Quella trasmissione, Speciale Mixer Musica, venne trasmessa da Raidue nel luglio del 1984 e, per evidenti motivazioni anagrafiche, mi è capitato di vederla solo anni più tardi. Ricordo di avere pensato che il monte di Portofino e il suo oltre fossero molto simili all’estensione di un giorno di cielo terso, quando il vento profuma di una sincerità che prende a schiaffi e insieme rasserena.
Il monte di Portofino mi è apparso come una siepe leopardiana, al di là della quale ipotizzare sia il disastro che la redenzione e, nei miei successivi incontri con la terra ligure – storie intime di abbracci sussurrati -, non ho mai mancato di cercare quella cresta di terra che si stagliava contro lʼorizzonte, capace di dividere i dati di fatto dallʼinfinito, con le sue incognite e i suoi doni di magia.
Per me, come per tutti quelli che giorno dopo giorno “balenano in burrasca”, il monte di Portofino è diventato la promessa di una tregua. Comunque vadano le cose, ci sarà sempre un lembo di terra che attende di esser valicato, un posto che non esclude le amare incognite della vita, ma che è capace di premiare il coraggio di chi parte e quello di chi resta. E intanto spera.
Mi piace pensare che questo calendario nasca appena oltre il monte di Portofino, simile alla pentola piena dʼoro che si trova in prossimità di un qualsiasi arcobaleno. Come sempre accade, non sono importanti né il nome del limite che si vuole oltrepassare né la specialità della favola che si insegue: contano la fiducia con cui si attende di raggiungere la meta e la certezza dei premi che sicuramente arriveranno.
Mi piace pensare che questo calendario arrivi imperfetto, un poʼ come capita alla vita, con i suoi 13 mesi invece di 12. Perché un mese venga regalato al bisogno di ricostruzione e alle cure di chi vuole con tutto se stesso che le lacrime tornino presto ad essere gocce di pioggia. Nullʼaltro che pioggia.