18 Dicembre 2013

Un bacio croccante. Racconto di Natale 2013

Camilla - Zelda was a writer

My Words

Buongiorno a tutti!
Oggi ho pensato di regalarvi un racconto di Natale che mi abitava la mente l’altro giorno, mentre ero in metropolitana.
Perdonate la mancanza di cura per le prossime righe: il tempo mi sta allungando e comprimendo come fossi un elastico da pacco!
Avrei dovuto cesellare maggiormente, riducendo e semplificando, ma ci tenevo tantissimo a farvi avere in tempo un piccolo regalo di parole. Spero che ne apprezzerete prima di tutto il pensiero.

Che ne dite, il racconto di Natale non sarà l’inizio di una nuova tradizione tutta nostra?
Tanti auguri,
CamillaLattuada_Serviliano_-_Descrizione_di_Milano_ornata_con_molti_disegni...,_Milano_1738,_p._444,_tomo_quinto
Quando il Natale si fece largo tra le luminarie di Corso Vittorio Emanuele, Milano si presentava silenziosa e deserta. Una vacua distesa di compere già fatte e di fornelli scalpitanti ululava in faccia a quattro barboni che, nei pressi della porta centrale del Duomo, si apprestavano a passare la notte, imbottiti come carta da imballaggio.
La cena della Vigilia e i suoi riti imperiosi – via via annacquati dal fine mese più magro che si ricordasse – avevano magicamente eliminato ogni traccia di umanità lungo le fitte trame di percorrenza e presso i punti più affollati di ogni lunedì mattina. Le poche ombre che si aggiravano per la città producevano rumori sordi, persi nell’eco di un lontano indefinibile.

In una di queste strade, al numero civico 3, con il sottofondo di una saracinesca scricchiolante che veniva serrata, l’avventore di due etti e mezzo di ravioli calciò per sbaglio un barattolo di latta che caracollò malamente ai piedi di Svevo, uno degli otto omenoni del piccolo e misterioso palazzo alle spalle della Chiesa di San Fedele.
Il telamone sembrò destarsi come dal più terribile degli incubi e, accertata l’assenza di un pericolo imminente, ricompose le braccia muscolose e seguì come immalinconito l’instancabile traiettoria del barattolo che, nel frattempo, aveva preso a rotolare verso Piazza Belgioioso.
L’uomo di marmo sbuffò con vigore, scompigliando le acconciature boccolose dei suoi sette compagni e, senza che venisse invitato a farlo, iniziò a lamentarsi:
– Non sopporto più la nostra condizione da uomini immobili! Cosa stiamo facendo qui? Oltre a sostenere il secondo piano di un palazzo nascosto, intendo… –
Si fermò improvvisamente, come se in decenni di lamentele a mezza voce neanche lui fosse riuscito a rispondere alla sua stessa domanda, poi, prima che uno dei telamoni potesse minimamente fiatare, aggiunse:
– Non mi convincerete con la solita storia della nostra eterna fama cittadina: siamo inerti e prostrati da troppo tempo! Io dico che è tempo di partire, è tempo di fare qualcosa! –
I compagni si sporsero verso di lui e lo guardarono silenziosamente, come se ne stessero studiando i tratti per la prima volta. Erano molto simili, loro otto, ma Svevo non aveva mai smesso di sognare un paio di gambe e un’esistenza eroica e senza tempo, qualcosa che lo rendesse protagonista attivo della vita che scorre e non custode impietrito del passaggio di quattro o cinque milanesi al massimo.

La risposta che attendeva non arrivò mai perché, a un tratto, iniziò a nevicare. D’improvviso, senza che ci fosse una minima avvisaglia. Nessun tipo di aria profumata o di cielo raggomitolato tra le nuvole, nessun primo timido fiocco pronto a raggiungere il marciapiede: nulla annunciò l’arrivo della neve.
Nevicò tutto, quella sera: disperazione, abbracci, lucine intermittenti, parmigiano su piatti fumanti e pure qualche nastro dall’arricciatura dorata. Nevicò tanto fitto che Svevo quasi non si accorse dei due giovani innamorati che avevano cercato riparo ai piedi delle sue gambe mancanti.
Nel silenzio ovattato, nel pieno di un mondo accoccolato nella sua dimora, l’omenone avvertì chiaramente lo schiocco di un bacio. Netto, preciso e angolare. Un bacio polifonico e croccante.
La neve non accennava a diminuire e ben presto i due innamorati presero la decisione di sfidarla, correndo mano nella mano per le arterie scivolose della città fantasma. Svevo ne udì le risate saltellanti che si perdevano tra le brume della sua piccola e unica via.
Sarebbe tornato a lamentarsi lungamente sulla sua condizione di statua inattiva, ma il fatto non comune di essere il riparo di un bacio croccante lo colpì profondamente. Tornò ad appoggiare il suo capo pesante sulle braccia e si addormentò.

7 pensieri su “Un bacio croccante. Racconto di Natale 2013

  1. Alina

    Che dire, sarà che i posti di cui racconti molte volte sono i posti che annuso nelle mie fredde giornate milanesi, sarà che il Natale mi mette addosso un brio capace di farmi essere sempre felice e sorridente, sarà che tu sei una delle scritttrici migliori che conosca..
    Grazie del tuo magnifico regalo di Natale.

    Un abbraccio fatto di fiocchi di neve.

    Ale

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    1. Zelda was a writer Autore articolo

      (scusa il ritardo con cui ti rispondo ma il tuo commento mi ha provocato uno svenimento improvviso!)
      GRAZIE ALINA, sono io che te lo dico!
      Mille abbracci stritolanti, di neve e sorriso!
      Camilla

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  2. Berry

    Il mio 18 dicembre di 3 anni fa me lo ricordo. Mi portò un amore da colpo di fulmine che mi ha fatto tanto tanto male. Ora, che sorrido di nuovo, posso dire che quei due giorni furono funesti. Ma se tornassi indietro probabilmente rifarei tutto, compresi i baci croccanti con i piedi immersi nella neve di Firenze.
    Grazie per questo bel racconto, ti abbraccio Camilla, fortissimamente!

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