Come oramai ho avuto modo di raccontarvi in ogni dove, mercoledì 26 febbraio, dalle 19, si terrà il primo appuntamento del BOOKEATER CLUB, all’Open More Then Books di Milano.
Il libro selezionato per la nostra prima volta da tesserati di un club letterario è Tempo di imparare di Valeria Parrella.
Da quando l’ho letto, mi sono tuffata nella bibliografia di questa scrittrice immensa e piena di registri, dalla scrittura densa, fisica e al contempo aulica e atavica.
Prima di qualsiasi cosa, lo devo confessare: io mi sono letteralmente innamorata. E anzi, ve la dico tutta, spero che per caso/sorpresa/fortuna la Parrella sbuchi da una delle librerie zeppe di libri di Open e che, verso la fine del nostro incontro, sorrida verso di noi, facendoci pure ciao ciao con la manina.
Insomma, Valeria, se mi stai leggendo, raggiungici e organizza per noi una festa a sorpresa.
Oh, che liberazione! L’ho detto.Ma ora, concedetemi di raccontarvi qualcosa di Per Grazia Ricevuta, raccolta di racconti pubblicata per Minimum Fax nel 2005 (nella collana Beat dal 2010) e finita nella cinquina dei finalisti del Premio Strega di quello stesso anno.
I quattro racconti – La Corsa, Siddharta, L’amico immaginato e p.g.R. – si sviluppano in un contesto geografico in cui, compiuto un salto nella pagina, chiunque potrà agevolmente camminare, ascoltarne i suoni e percepirne odori. Un contesto canovaccio – quello di Napoli, della sua provincia e delle sue isole – su cui vengono tessute sapientemente storie di passaggi, magnifiche tranche de vie che non hanno inizi o finali ma solo grandiosi svogimenti. Non è forse questo il riassunto perfetto di una vita?Nei libri della Parrella ci sono le strade, quelle da percorrere, le strade sbagliate, i cammini che, svoltato un angolo qualunque, regalano repentini cambi di prospettiva, fugaci sobbalzi del cuore e delle attese. Poi ci sono tram da cui scendere o su cui salire e ore di una calura insopportabile e silenziosa.
Sui marciapiedi dei suoi racconti, nei pressi di un bancomat non tanto lontano da Divani & Divani (La Corsa), capita per esempio che un uomo venga accoltellato e che la sua compagna affronti la vita con fatalismo e determinazione.
Le strade sono anche sotterranei impolverati che, limitrofi alla sacralità di una banca, restituiscono quello che la vita ha tolto.
Lungo le arterie di una città piena, brulicante, materna e spietata, si intrecciano destini di una semplicità esemplare, capaci di raccontare i nostri desideri sommessi, il bisogno di reazione e quello di riscatto.Valeria Parrella ha un fiuto eccezionale per la vita, è il caso di specificarlo. Riesce a dipingere quadri dalle pennellate corpose e violente, storie piene di azione e pensiero, storie di dettagli importanti, a cui mancano sempre dieci pagine (Siddharta).
I silenzi dei suoi personaggi sono viaggi nella nostra mente, parlano con la voce dei pensieri, sfogliano istantanee di città, si fanno domande ingombranti senza avere la pazienza di rispondersi, attendono un presente che non arriva (L’amico immaginato) e tremano come foglie per quella tragica e paradossale nostalgia dei sogni desiderati ma mai veramente realizzati.
Il suo presente non arrivava: era la pressione che manca alla nuca un attimo prima della carezza, la linea libera che aspetta proprio quella telefonata per occuparsi, il vuoto del sonno nel risveglio il giorno della gita.La grandiosità delle attese sussurrate, in Valeria Parrella, è un crescendo che arriva al suo culmine a pochi metri dall’ultima curva che conduce ad Amalfi o appena fuori da una galleria, mentre un treno amico ci riporta verso casa (p.g.R.).
Tra le sue pagine, appeso alle righe, incastrato nei lemmi, si sviluppa qualcosa d’impercettibile e magico: un richiamo, direi, il canto atavico di una sirena, indolente ma irresistibile, tellurico.
Si tratta di un’energia invisibile che si respira dal balcone, nell’intrico di paraboliche e panni stesi. Un sentimento che giunge dal mare e dall’apparente silenzio del vulcano, capace di impastare radici e paradosso, ironia e poeticità.Per concludere – anche se continuerei per ore – in questa autrice ho riconosciuto un amore viscerale per la parola, ancora prima che per il suo significato che, ovviamente, poi arriva e ti folgora senza chiedere permesso.
Non mi stupisce abbia studiato il linguaggio dei segni e tantomeno che sia così brava a far parlare i suoi personaggi in modi tanto multiformi: in lei l’amore per la parola diventa gesto, suono e simbolo. Un amore semiotico, totalizzante e vivo, espressivo e calligrafico.
Qualcosa per cui amarla ancora di più. Sempre che sia possibile.A me, per esempio, è bastato questo tesoro di righe:
«Settembre non è mai un mese come gli altri».
«Perché, che succede a settembre?»
«Io, a settembre, vorrei vivere a Parigi».
«Quando sei stata a settembre a Parigi?»
«Mai».
«E quando sei stata a Parigi? »
«Mai».
«Ma parli francese?»
«No».
«E allora?»
«E allora niente, così…»
E allora niente, ma se fossi a Parigi, a settembre, non suderei. Camminerei veloce in un’aria grigia con un cappottino di lana pettinata, e neppure farei caso alle foglie gialle dei tigli che calpesco: tanto sarei sicura di rivederle il giorno dopo.
Buona giornata!
Camilla
Zelda was a writer
ps: avete visto che nella home, appena sotto le NEWS, alberga un nuovo meraviglioso bottone dedicato alla NEWSLETTER di Zelda?! Iscrivetevi, iscrivetevi, iscrivetevi! Prometto di non essere molesta!
Ma che mervaiglia! Non ho mai letto nulla di suo. Con cosa comincio?e grazie, come sempre. :-)
Em
Meraviglia… ora dovrò leggerla, sì, dovrò proprio! Grazie :-)
ecco forse era lo spunto di cui avevo bisogno, grazie Camilla!
Ho l’acquolina (letteraria!)