Ho sempre adorato i toni bassi.
Se penso alle parole che mi sono state dette e che hanno lasciato un solco profondo, sia nel bene che nel male, le ricordo prossime al silenzio, composte, precise al limite del chirurgico.
Credo, però, che sia arrivato il momento di alzare leggermente il volume, cercando di essere presenti, di esporsi senza paura.
È un periodo buio e complesso, pieno di grandi pericoli per la libertà di tutti. E allora penso che amerò sempre i toni bassi e che difenderò il confronto e l’empatia fino alla morte, ma che inizierò anche a cercare mani che si alzano, passi avanti di chi è rimasto sempre nell’oscurità e azioni piccolissime ma decisive.
A cosa mi riferisco?
Ai grazie e ai prego, per esempio. Alla rimessa in discussione dei limiti che ci impongono le nostre paure più oscure. Al desiderio di sapere, di conoscere, di porsi sempre delle domande, di rimettere in dubbio anche le certezza piu granitiche, di difendere le vittime di un sopruso.
La cultura è l’arma più grande che esista. Mio padre mi ha sempre detto che sperava studiassi soprattutto per essere in grado di argomentare bisogni e desideri, per non sentirmi mai sola o attaccabile, per essere una donna indipendente e libera.
La cultura alzi pure la voce ogni tanto, non credo succederà niente di grave. E poi si affidi anche alle azioni. I social sono un’ottima cassa di risonanza per battaglie che, però, si combattono agendo, decidendo, creando nella vita di tutti i giorni.
Tutti insieme, armati di speranza, di intelligenza discreta e di umanità.
(foto scattata al Sofa Cafe di Milano)