Febbraio, ci siamo! Volevo salutare il mese con un post sul rispetto dovuto al lavoro dei creativi, visto che meno di un mese fa mi è stato sottratta un’illustrazione, che poi è diventata un enorme poster in giro per una città italiana. Ma la verità è che il pensiero di scrivere per l’ennesima volta quattro belle frasi sulla fatica che faccio, sul dolore che ho provato e sul desiderio di lasciare andare questo lavoro per trovarne uno meno coinvolgente a livello sentimentale mi ha fatto letteralmente addormentare sulla sedia.
Mi sembra di ribadire l’ovvio da troppo tempo e forse, mi sono detta, non è più un problema mio, ma di un mondo che non si ferma a chiedersi neanche per un attimo se un’azione sia lecita, se possa ferire o togliere spazio e possibilità di espansione ad altri.
La questione è più che risolta, comunque. La sto “usando” per parlare di altro. Seguendo la moda degli ultimi anni, avrei potuto far scoppiare un caso sui social – una fantastica shitstorm, si dice così, no? – che togliesse punti a qualcuno e ne regalasse a me.
Ma, sinceramente, ne abbiamo ancora voglia?
E non dico tanto di mettersi lì a gestire tutta questa enorme ondata di sconforto collettivo, che raggiunge picchi altissimi e si esaurisce velocemente, ma di alimentare una rabbia che ha già oltrepassato la soglia del pericolo e affossa ogni slancio, ogni possibile costruzione. Quindi, per la qualità di questo posto, per voi che ogni tanto ci passate e pure per me, ho agito in altri modi e, quando proprio avevo della rabbia da sfogare, ho disegnato o mi sono lamentata con qualche amico.
La verità è che ho una tale rabbia dentro che non posso più permettermi un passo falso, pena la completa distruzione dell’unico potere di cui disponga: la creatività – quella dimensione libera da tutto, che non deve seguire percorsi già tracciati, che può stare in silenzio, che non ha bisogno di risultati tangibili, per cui ricevere complimenti, che so, su LinkedIn.
Se perdo quell’incantamento lì sono finita e questa è la cosa che più di tutte le urgenze mi interessa onorare. Perché se non ci fosse più lei, non ci sarei più io – l’io che mi fa riconoscere ogni mattina, per intenderci. Perché se non ci fosse più lei, vedrei nemesi ovunque e cederei il passo al vittimismo più distruttivo.
La rabbia e tutti i suoi amici oscuri sono sentimenti da provare, su questo siamo d’accordo, ma a volte ho la sensazione che questo presente ci faccia vivere in una pentola a pressione con un difetto di fabbricazione, che si carica di tanto, troppo vapore, ma non dispone di una valvola che ne consenta lo sfiato.
Da qui l’innamoramento per l’altrove.
Stamattina, per esempio, scorrevo anelante le foto del profilo instagram di una ragazza che si è trasferita su una microscopica isola scozzese con il compagno solido e rincuorante. Bevono caffè mentre dal loro letto scrutano l’orizzonte brumoso. Un vento epico lambisce le finestre del piccolo nido al riparo da tutto, loro se ne infischiano e costruiscono librerie bellissime, mentre degli enormi cinnamon rolls cuociono nel forno, con pacifica rassegnazione sui loro tempi di cottura.
È verità o rappresentazione? Non mi interessa, mi basta che accenda in me un bisogno di semplicità mai provato, di cambiare tutto, di essere nuova, con nuovi cammini, con nuovi desideri – forse finalmente miei.
Capita forse anche a voi?
Gennaio è finalmente terminato, la buona notizia è che stiamo per uscire dal letargo.
Mi sono lasciata andare in questi mesi, ma sento che tornerà il momento della cura. Voglio fare di questo posto un diario, non so se terrò fede all’intento, come del resto non so davvero che ne sarà di me nei prossimi mesi. Ho costruito un sito nuovo di pacca e mi faccio milioni di domande sulla prossima tappa del mio cammino professionale. Ci sono stati giorni di nebbia fitta sulla città e spesso l’inquinamento sulla Pianura Padana è stato tale da sentirsi sfiniti con il calare della sera. Ieri ho comprato dei pastelli a olio che non so usare.
Gli F24 mi guardano dalla bacheca in sughero, su cui campeggia anche il disegno di un lungo serpente colorato, regalo del figlio del mio adorato custode. Mi sembra che tra tutti fogli appesi, lui sia il più importante e così cerco di ridare un senso alle priorità. La mia agenda sembra la Smemoranda (addio Smemoranda, è stato bello) che avevo al liceo, piena di liste, piena di ritagli di giornale.
Voglio disfarmi di moltissime cose, più o meno materiali, ma non voglio in alcun modo che sia questo tempo immemore e sciatto a darmi indicazioni su cosa selezionare. Non voglio, per esempio, che chiuda i miei occhi sul mondo. E spero davvero che lo vorrete con me, perché è tempo di fare gruppo e sì, pure la rivoluzione.
Buon febbraio a tutti!
Camilla
Zelda was a writer
Grazie Camilla, per le tue parole. Descrivi sentimenti e sensazioni che condivido e non sai la mia gioia nel leggerti. Lasciare andare cercando la bellezza anche in piccolissime cose.. difficile in questo momento, ma le tue parole mi sembrano uno sguardo dolce.
Ce la metteremo tutta, cara Manuela! Il dato importante è che non siamo soli e che siamo in tanti, molto più di quanto immaginiamo!
Ti abbraccio <3
Camilla, quanta meravigliosa fragilità e forza arrivano dalle tue parole!
Mi ritrovo tanto in praticamente tutto, ma penso sia così per molti di noi “sensibili” al giorno d’oggi, e questo mi rincuora.
“…perché è tempo di fare gruppo e sì, pure la rivoluzione” mi piace un sacco e ci sto!
A presto :)
Hai ragione, Mario! E ti dico di più: siamo molti di più di quanto si possa immaginare. È solo che non amiamo gridare le nostre ragioni, ci piace parlare a voce bassa.
Ti abbraccio e spero di vederti presto!
“Fatica” è la parola che compare sempre più spesso sulle mie labbra e nella mia mente, e questo non mi piace per niente. Vorrei solo parole belle, leggere e “alte”, profumate come un cespuglio di calycanthus sotto la neve. Poi leggo te e altre rare persone che pian piano seleziono nel mare magnum dell’internet e mi sento consolata, avvolta dalla cura per il racconto dei sentimenti – anche negativi. Torneranno i colori e la primavera, Camilla, anche grazie alle tue parole belle… ti si ama tantissimo (ma questo tu lo sai!) ❤️
Hai ragione, mia cara Elena! Torneranno i colori! Sono qui, che dormono sotto la neve, come il calycanthus di cui scrivi.
Grazie a te, per la bellissima compagnia di questi anni!
Ti stritolo!
🥰🥰🥰🥰🥰🥰🥰🥰
Ciao Camilla, io auguro a me stessa di non perdere mai lo stupore e il saper assaporare le piccole cose semplici , anche e soprattutto nelle avversità, anche se non è facile in periodi difficili, mi hanno già spenta non voglio che succeda ancora e alimentare la mia luce e la creatività credo sia terapeutico. “È tempo di fare gruppo” è una bellissima idea, rivoluzionaria pure, in un tempo in cui l’individualismo è predominante in molti campi della nostra vita. 💗
Una persona a cui tengo tanto mi dice di stare tranquilla, ché niente mi verrà tolto, perché tutto è dentro di me. Voglio dirlo anche a te. Abbiamo tutto, è tempo di non avere paura. Ti abbraccio, cara Manuela!
Che bello leggerti anche qui Camilla! Ci sono giornate, periodi, in cui proviamo tutti gli stati emotivi, questo fa male ma anche bene perché probabilmente se non ci perdiamo non riusciamo ad apprezzare la semplicità delle piccole cose quotidiane su cui soffermarsi. É un esercizio da fare giorno per giorno e porta sicuramente dei benefici a chi è creativo e si riconosce in questo modo di essere. Ti mando un forte abbraccio, teniamoci forte, facciamo squadra 😎❤️✨
Teniamoci forte?! Ma io non ti lascio più, cara e magica Samy!
Non sai quanto risuonano in me le tue parole in questo preciso momento della mia vita.
Personalmente ho voglia solo di libri, cani e bambini.
Un abbraccio.
Barbara
Cara Barbara, che meraviglioso esercizio di bellezza e armonia! NON SMETTIAMO PIÙ <3
Ti abbraccio anche io, forte forte!
Mi dispiace molto che ti abbiamo rubato un lavoro. Purtroppo ci sono troppe persone con scarsa creatività (e scarsi valori) che attingono a piene mani da chi ha sensibilità, cultura e fantasia.
Ti auguro di trovare presto la tua isola profumata di cannella.
C’è anche poca cura, poco pensiero, poco tempo per ragionare sulle nostre azioni. Continuiamo a lavorare per i risultati, senza difendere il processo che li genera. È questo contro cui dobbiamo lottare, contro un sistema che ci vuole sempre meno consapevoli. Sulla questione specifica, sono certa che sia stato un atto privo di troppo pensiero, questo non l’ha reso meno doloroso, ma sono certa che sia stato chiuso nel modo più virtuoso possibile.
Ti abbraccio, Cinzia! Grazie per avermi scritto <3
Che bello che in questo lasciar andare ci sia energia per condividere pensieri sul blog, io ho nostalgia di posti come questo ❤️
Eccolo qui, tornato per noi, a nostro uso e consumo!
(Sto pure rispondendo a una lunga lista di commenti… SONO COMMOSSA!)
Grazie Camilla per questa riflessione. Non sono affatto creativa e mi affascina chi lo è, specialmente con la grande sensibilità e semplicità che ti contraddistinguono. Da mamma e ancor più da nonna mi spaventa tutta questa cattiveria in crescita esponenziale. E mi consola vedere che ci sono anime belle che possano essere di ispirazione. Buona vita
Cara Irene, impossibile che tu non sia affatto creativa. La creatività non è un talento, ma un modo di guardare le cose, di risolvere certe avventure della vita. Sono certa che ti abbiano convinta del contrario, perché per molto tempo è funzionato cosi, sopratutto a scuola. Ma dentro di te si agita un’idomita anima creativa, che ha già fatto piccoli grandi miracoli. Ti sorrido da qui!
Mi piace molto il tipo di rivoluzione che ci racconti, Camilla! “Lasciare andare” è una delle azioni più difficili di questo mondo, credo, quasi avessimo radici nelle cose che possediamo (e ci possiedono). Sento anch’io il vento della rivoluzione percui… andiamo!
Quanto hai ragione, le cose ci possiedono! Da amante del vintage, poi, so che sono strani contenitori di storie e che la loro preziosità spesso va ben oltre il valore che conferiamo loro per praticità. Le cose parlano di desideri, di amori e speranze, spesso anche di dolorosi strappi e di perdite. Sono post-it della memoria, custodite da mani che non ci sono più, ammirate da occhi ormai spenti.
Quello che voglio per noi – e scusami se ti includo – è che siano sempre e solo possessi nostri, senza l’ingerenza di questo presente, che ci vuole ingabbiati nelle urgenze del possesso. In un possesso massivo e senza storia.
Ti abbraccio, cara Silvia!
Grazie per essere tornata 💙
Mi unisco alla rivoluzione!
Sei la benvenuta! <3
Credo che questo senso di fatica non di troppo pieno derivi in parte da città come Milano. Città piena di stimoli e al contempo in grado di dar sparire la creatività. Capisco perfettamente la sensazione.
Cara Camilla,
mi sono rispecchiata nelle tue parole. Anche se lavoro in un ambito completamente diverso dal tuo, percepisco (azzardo l’interpretazione delle tue parole… ma si sa che ognuno legge nelle parole dell’altro ciò c’è in se stessa/o) sfinimento.
E – come riflettevo un paio di giorni fa (ma macino questo pensiero da tempo) – assenza di infuturazione. Cioè non riesco a vedere un (mio) futuro professionale. Personale sì (la bellezza dei 50/55 anni è che inizia finalmente a fregartene di tutto), ma professionale no (qui la faccenda è più complicata).
Tante domande silenziose e parecchia voglia di esercitare il diritto all’oblio di “Googliana memoria” (anche il rapporto coi social media sta mostrando segni di stanchezza inaspettati).
Vedremo… per adesso fluiamo, Camilla!
Un abbraccio!
Hai detto bene, Barbara: sfinimento!
E pure qui, così tante domande sospese che con il calare del giorno, semplicemente, mi spengo.
Ma ho anche tantissima speranza e molta voglia di fare… Per adesso fluiamo e restiamo in ascolto. Vicine e mai sconfitte.
Ti sorrido <3