La settimana scorsa ho letto commenti spietati e volgari sulla notizia della drammatica violenza subita da una quindicenne a Roma. Erano di una tale bassezza e sciatteria che per un attimo ho pensato non potessero essere reali.
Non mi sono mai domandata se queste persone avessero o meno una figlia/sorella/amica di 15 anni ma solo se fossero umani. Non è giusto richiedere empatia solo alle categorie coinvolte nei drammi, dal momento in cui tutti, volenti o nolenti, siamo chiamati al rispondere all’appello della nostra Umanità o supposta tale.
Mi sono fatta tante domande dopo quei commenti.
La più pungente era: questa deriva di empatia – e la conseguente gara a chi la spara più grossa – quanto influirà sui nostri rapporti, sull’evoluzione civile che questo momento storico ci chiede a gran voce?
Siamo in un periodo delicato, in cui cedere allo sfacelo e alle brutture significa annullare passi fatti con estrema fatica. Significa non riconoscersi più, ingaggiare battaglie in cui conta più l’improperio della motivazione. Significa sposare l’individualismo più bieco, la devastante deriva della gentilezza, l’alterco al posto del dialogo.
Confesso di avere pensato che non ci fosse grande speranza per il nostro futuro.
La mattina successiva, però, mi sono imbattuta in questo articolo di Mauro Leonardi, un sacerdote che scrive per l’Huffington Post, continuando per tutto il giorno a pensare alle sue parole, in particolare a due: amore ferito.
Io sono dalla parte dell’amore ferito (sempre) – mi sono detta.
Cosa significa?
Volendo banalizzare, che se qualcuno soffre, soffro con lui. Sento che il suo dolore va protetto, sento che vorrei fare immediatamente qualcosa per alleviarlo.
Volendo nuovamente banalizzare, significa che tento di chiedermi sempre se le mie parole e le mie azioni possano in qualche modo ferire gli altri. Ho sbagliato e sbaglierò di nuovo ma ogni mia caduta di stile, ogni mia terribile gaffe sono state e saranno figlie dell’imperfezione, non della mia volontà.
Ho lasciato decantare le mie riflessioni e oggi sono qui per condividerle con voi.
Scusate come al solito la verbosità che contraddistingue questo genere di post ma pensieri articolati meritano spazio e tempo.
Io lavoro nel web e per me è assolutamente normale diffondere contenuti nella sua fitta trama. Cerco di condividere cose gioiose e stimolanti perché non ho tempo da perdere nella distruzione. Devo costruire innumerevoli ponti perché desidero lasciare tantissimo di me. Credo che dipenda dal fatto che sono un essere creativo… Non ci posso fare niente, è più forte di me!
Mi fido moltissimo delle potenzialità del web: ho conosciuto amici che reputo tra i più importanti della mia vita, sono riuscita a reinventarmi costruendo una piccolissima impresa a mio nome, ho trovato mille possibilità per realizzare progetti che solo dieci anni fa sarebbero stati praticamente impossibili.
Al di là di oscuri momenti di pessimismo, vi dirò anche che io credo che la parte ben educata e costruttiva del web sia la maggioranza. Come tutte le persone dotate di un certo luccichio di intenti e modi, questa parte è più moderata e quindi, rispetto a coloro che dicono bestialità, meno visibile, meno percepita.
Non credo che le dinamiche del web siano diverse da quelle della vita vera. Prendete un paese (ma anche un quartiere delle vostra città, il vostro condominio, il bar che frequentate, …) e ditemi se non vi ricordate di storie di maldicenze e cattiverie di vario tipo.
Credo, però, che il virtuale amplifichi la forza di questa energia negativa. Il velo dell’anonimato spinge a essere più liberi dagli schemi di buona creanza che il metterci la faccia implica da sempre. In più, per molto tempo (un tempo ancora in atto, a mio parere) il web è sembrato il Paese della Cuccagna, da cui attingere a piene mani foto, pensieri e parole, senza farsi tante domande sulla loro provenienza, sul loro rispetto. Attingere a piene mani anche nei vissuti altrui – che è ben diverso dal partecipare, dall’essere curiosi – vuol dire ergersi a giudici inappellabili dei loro atti e delle loro decisioni. Questo avviene a vari livelli, più o meno gravi, vale per i post di blog, per malignità di diversa natura e, ahimè, per fatti davvero gravi.
Tutti hanno un’idea su tutto, tutti la ritengono necessitante di essere espressa.
Eccola qui, la totale assenza di pudore. Ecco pure la sospensione di qualsiasi giudizio critico che riguarda le proprie riflessioni.
Le mie idee saranno in tema, aiuteranno il discorso, offenderanno qualcuno?
Pare che pochi si pongano la domanda. Pare che dire quello che passa per la mente sia un appello a cui si costantemente chiamati a rispondere.
Io credo che farò come ho sempre fatto. Cercando di agire al meglio, cercando di pormi un sacco di domande, lavorando sulle mie terribili mancanze, cercando di lavorare sul mio eloquio e sulla mia educazione.
Non lo farò perché ho la presunzione di diventare un buon esempio per qualcuno ma perché l’energia buona, le parole dette bene e l’ascolto sono strumenti altamente influenzanti, molto più di quanto si creda.
Ho la sensazione che se tutti facessimo meglio, lavorando sulla nostra educazione reale – non quella instagrammatica – il gruppo di chi vuole solo fare confusione e alzare la voce si sentirebbe terribilmente messo alle strette. Triste come pochi, per giunta, per avere sempre quelle quattro idee preconfezionate sulla vita, espresse con quattro termini pure tremendamente miseri.
Non sono così ingenua da pensare che questo potrebbe far diventare il mondo il migliore dei luoghi possibili. Ma so, lo so con certezza, che alcuni inizierebbero a fare un passo indietro, colpiti da tanta presa di coscienza, da tanta voglia di fare bene.
Questo non significa che chi usa buone maniere sia sempre e comunque dalla parte del giusto. Pensarlo sarebbe fuorviante e pure abbastanza noioso, per dirla tutta.
Quello che volevo dire in questo post lunghissimo è che il Rispetto non è un pensiero opinabile, un’idea da esporre, un punto di vista ma uno stato di umanità, una scelta di vita, un paio di grandi occhiali con cui guardare il proprio cammino e cercare di affrontarlo in un modo non sempre comodo, è vero, ma decisamente fertile.
Perso il rispetto, io temo, ci rimarrà solo un’opzione: tornare alla clava.
Buona giornata,
Camilla
Zelda was a writer
#iodallapartedellAmoreFerito
Standing ovation!
Ti conosco da poco Camilla, ma quel poco che ho letto mi fa sempre tanto bene al cuore e alla mente!
La penso totalmente come te. La gente spasima per dire la sua, il 90% delle volte è una cattiveria, una critica sterile o un insulto. Leggo commenti del genere tutti i giorni e penso a dove siano finiti il rispetto e l’educazione. Anche io spero come te che le cose possano cambiare, se no comprerò una clava.
Continuiamo a fare bene, tentiamo di farci sentire con gentilezza. Sono stra-certa che capiteranno miracoli!
Un bacio con schiocco, cara Claudia (e benvenuta qui!)
Omnia munda mundis.
Quanta sporcizia, nella sguaiata lascivia di chi teorizza che una ragazza vestita come una qualsiasi sedicenne piena di vita voglia incitare allo stupro.
Già, cara amica. la deriva di qualunque pensiero.
Con me sfondi una porta aperta. Quando leggo ste cose su Facebook mi parte il dito delle segnalazioni e mi ritrovo a segnalare al caro Zucky l’indecenza più totale dei suoi iscritti. Purtroppo è l’unico strumento anche se è pura illusione visto che ste persone non si possono far sparire! Come il pregiudizio e la cattiveria.
#ancheiodallapartedellamoreferito
Purtroppo, al di là dei suoi innumerevoli meriti, il web dà voce (amplificata, peraltro) anche a chi nella realtà non si arrischia a dire certe cose, e a chi ha la faccia tosta per dirle comunque, anche vis à vis, con il vantaggio di farlo nel pieno anonimato e di poterla sparare sempre più grossa.
Non ho letto i commenti a cui ti riferisci, ma posso immaginarli, son sempre gli stessi dalla notte dei tempi, quando una donna subisce violenza non è mai totalmente innocente.
L’educazione e il rispetto andrebbero insegnati ai nostri figli nella vita vera, poi ogni luogo, virtuale e non, diverrebbe più accogliente.
Grazie Camilla.
Di una lucidità e volonta’ quasi disarmante.
Sabina
Ho conosciuto il tuo blog soltanto ora, ma questo articolo mi ha colpito molto: penso infatti che la tua filosofia di vita sia molto simile alla mia. Le persone non si rendono conto che tutto ciò che dicono e fanno si ripercuote sugli altri, a livello di energia.
Viviamo in una società che ha sdoganato l’insulto e legittimato l’offesa: anche nelle comuni conversazioni quotidiane mi capita di sentire tizio dare gratuitamente del cretino a caio o affini. E, a forza di sentirselo dire, le persone ci credono davvero…
Come possiamo pretendere di evolverci se continuiamo a diffondere negatività? Forse sarebbe meglio se la smettessimo di lottare “contro” qualcosa (la guerra, il maschilismo, l’omofobia, il razzismo) e iniziassimo a lottare “per” qualcosa (la pace, la parità fra i sessi, l’uguaglianza fra ogni essere umano), a usare le critiche in senso costruttivo, senza renderle un mugugno fine a se stesso. :)
Salve Camilla, ho scoperto questo bellissimo blog soltanto oggi, imbattendomi su youtube nei tuoi video riguardo le “Lezioni Americane” di Calvino (a proposito, grazie!!! Il risultato è stato che mi sono precipitata a riprendere quel libro e adesso lo sto rileggendo…in omaggio al mio autore italiano preferito, di cui quest’anno cade il trentennale della morte).
Anyway…riguardo il post di oggi, mi viene in mente una citazione: “L’unica cosa che mi sorprende è quanto poco il mondo cambi…”. I commenti spregevoli di cui dicevi sono identici a quelli che venivano espressi cinquant’anni fa…il che mi convincerebbe definitivamente circa la triste realtà che la gente, anche attraverso le generazioni, non cambia, che la grettezza e la pochezza di spirito sono ben radicati nell’animo dei più e che, soprattutto verso le donne, continueranno ad esserci le stesse brutalità e le stesse volgarità di sempre. Il conforto è trovare piccole grandi oasi come questo blog dove persone ancora capaci di indignarsi possano ritrovarsi e non sentirsi perse in un mondo di folli…
Un caro saluto,
Neba