Il progetto di Activia Insync sta terminando, tolgo dal muro tutti tasselli di questa “Altra Me” ma sono solo all’inizio: ricomincerò a costruirmi di nuovo.
Oggi vorrei parlarvi del Nobel della Letteratura dato a Bob Dylan. No, tranquilli, non aprirò il già corposo faldone! Fatemi, però, fare un breve riassunto: un bel giorno, la commissione dei Nobel decide di conferire il premio per la Letteratura a Bob Dylan, lui nicchia, sia per ringraziare sia per confermare la sua presenza alla cerimonia di premiazione. Alla fine fa sapere che non sarà presente.
Riassunto finito.
Ognuno è padrone dei suoi premi, ognuno decide quanto il senso della gratitudine e della buona creanza abbiano un valore nella propria condotta. Io mi vorrei concentrare sulla querelle che era seguita a pochi minuti dalla sua premiazione.
Autori di grande spessore e compostezza si sono scagliati contro l’ipotesi che un cantautore potesse essere equiparato a uno scrittore. Era un musicista? Che vincesse uno degli innumerevoli premi che il suo ambiente gli poteva garantire!
Di questa grande disputa, mi sono rimaste in mente solo le parole dello scrittore americano Richard Ford durante l’intervista di Matteo Persivale (—> qui):
«Io sono felice, in generale, ogni volta che il lavoro di qualità viene incoraggiato. I premi servono a quello. Tutte le barche salgono insieme quando si alza la marea, ne sono sinceramente convinto».
La penso nello stesso modo: il mare è grande, lascia spazio a tutti i suoi naviganti, regala spazio e profondità ma ogni onda è responsabile del movimento delle sue acque.
Secondo me la nostra è un’epoca fluida. Fluido il senso del tempo, la percezione del proprio essere nelle cose del mondo, fluido ciò che ci rende felici, l’amore, il senso più profondo del gruppo e della condivisione della propria vita, delle proprie opinioni.
Il nostro è un mondo che lavora come la pioggia quando c’è vento: è trasversale. È un mondo che, complici i meccanismi di comunicazione ed espressione di sé, tende a disperdere parti di noi e a confondere i confini.
Se vi pare che ne stia parlando in termini negativi, vorrei correggere il tiro e dirvi che, per quanto ritenga che buona parte della passata forma mentis (quella in un certo senso più granitica) abbia avuto (e continui ad avere) i suoi indubbi pregi, credo anche e con tutta me stessa che questo stato di cose liquido consenta di raggiungere spazi inesplorati di noi e di disperderci in modi senz’altro più fantasiosi e utili.
Dopo aver parlato di equilibrio e partecipazione, dopo averli ribaltati come calzini per raccontarvi il mio senso dell’insync, oggi voglio spingermi oltre e sostenere che anche il nostro essere incasellati in granitiche categorie non ha più tanto senso.
Siamo mondi complessi e pieni di sfaccettature. Siamo esseri bisognosi di un’identità che valichi conformismi e tassonomie.
Non so se Dylan sia uno scrittore ma so che ha raccontato attraverso la musica, so che lo fanno tutte le persone che decidono scientemente di lasciarsi andare alla gioia del dire, quelli che hanno musicato sapientemente nostalgie piccole e improvvise, che ci hanno fatto innamorare a ogni parola, a ogni riga, che hanno parlato di noi senza conoscerci e sono riusciti a trovarci quando più ne avevamo bisogno, nel punto più oscuro della nostra ininfluenza. Tutti quelli che ci sono riusciti sono scrittori. E magari si presentavano come musicisti, attori, giornalisti, fotografi, innamorati grafomani, poeti part-time…
Dubito che ognuno di loro possa ambire al premio Nobel ma credo che tutti debbano lottare per quello che veramente sono, per quello che desiderano essere e che possono dire, a prescindere dal pensare comune.
Se ci pensate, il nome di questo blog è nato seguendo la stessa intenzione: Zelda (Fitzgerald) era una scrittrice perché la sua anima narrava, perché – a dispetto delle decisioni di un Destino perlopiù avverso – lei era un’anima creativa e questo niente e nessuno glielo avrebbe mai portato via.
Rimettere in discussione regole e confini, non trincerarsi dietro le proprie rincuoranti torri d’avorio, continuare a dare un senso nuovo alle cose, ai bisogni, alla necessità di estensione e di completezza.
Ditemi, esiste una cosa più insync di questa?
Camilla
Zelda was writer
Questo post è il risultato di una collaborazione con Activia di cui vado molto fiera.
Grazie, come sempre, per il sostegno che dimostrate al mio lavoro.
Come non essere d’accordo! Le cose più belle ed inaspettate nascono o riusciamo a farle solo quando cambiamo prospettiva, quando aggiungiamo punti di vista e usciamo dai confini che ci siamo creati. Le classificazioni sono necessarie ma non esaustive e sufficienti.