
© Anne Geddes
Beatrice Maria Vio è per tutti Bebe Vio e non solo per gli amici. La seguo da anni: la sua è una di quelle storie che vanno ascoltate e raccontate.

da GamesAnatomy.it
Fin da piccola la sua vita è stata scuola scout e scherma. A 11 anni è cambiato tutto: una meningite fulminante l’ha colpita e per salvarle la vita i medici hanno dovuto amputarle braccia e gambe. Dopo 104 giorni di ospedale e un periodo in riabilitazione, è ritornata alla sua vita, prima alla scuola, poi agli scout e dopo un anno anche alla scherma, la sua grande passione.

coperina di SportWeek – ph. Settimio Benedusi
Oggi Bebe è sulle pagine di tutti i giornali come merita per i suoi successi sportivi e per la sua energia contagiosa. È l’unica amputata ai quattro arti al mondo a tirare di scherma, nel 2012 ha portato la fiaccola olimpica alla cerimonia di chiusura di Londra e ha rappresentato i futuri paralimpici – era troppo piccola per gareggiare, ma voleva esserci.
Ha aspettato 4 anni per realizzare il suo sogno: a Rio ha gareggiato come una leonessa e ha vinto la medaglia d’oro. Il video della sua esultanza ha fatto il giro del mondo e abbiamo tutti pianto e urlato con lei. “Con lei” non “per lei”. Perché tutti abbiamo il nostro sogno, la nostra medaglia da vincere, quasi mai abbiamo una storia così difficile, ma ognuno ha i suoi dolori, le proprie difficoltà e i propri sogni.
È per questo che fa bene leggere la sua storia. Lei non intende strappare sentimenti di compassione, ma solo raccontare una vita possibile, anche dopo una tragedia. “Anche con una sfiga terribile puoi fare un sacco di cose” dichiara in un’intervista e questo dice tutto.
Dice del riconoscimento di un evento che ha cambiato tutto, ma anche di come si possa uscirne e di come la volontà e la determinazione, la fiducia e il coraggio siano la risposta giusta. Bebe racconta del periodo in ospedale come un bel momento e a noi vengono i crampi allo stomaco, “mi hanno detto che avrei dimenticato le cose brutte e ricordato solo quelle belle, non ci credevo e invece è stato così”. Ricorda gli amici che la andavano a trovare, i cibi preferiti che le preparava la mamma, la straordinaria competenza dei medici. Parla della riabilitazione con meraviglia: “Ti si è azzerata la vita e devi re-imparare a fare tutto, da lavarti i denti ad aprire una finestra.”
A me fa pensare a quando Emma, mia figlia con sindrome di Down, ha imparato a camminare o alle sue prime frasi e alla meraviglia che ho provato davanti alla sua conquista e a tutti i passaggi per arrivare a “farcela”, cosa che per gli altri miei figli è stata così scontata e veloce da non riconoscerla e apprezzarla.

instagram: @bebe-vio
Bebe sa cosa vuol dire resilienza, lei incarna questo termine in ogni sua cellula, lei non ha mollato, lei non si è lasciata andare alla disperazione: ha alzato la testa e si è ripresa la vita.
Non è l’unico straordinario esempio di questo è vero, ma lei aveva 11 anni! Oggi ne ha 19 è una donna e mette la sua storia al servizio degli altri sia con la sua onlus Art4sport sia raccontandosi.
“Quando sono uscita dall’ospedale tutti mi guardavano – dice – le cose che non conosci ti fanno spaventare” e invece di chiudersi in casa a commiserarsi parla con la gente, gli mostra le protesi, gliele fa provare, spiega come funzionano!
Le persone si dimenticano della diversità e incontrano lei, la sua personalità e il suo sorriso. Bebe è quella che va a una cena di stato alla casa Bianca e chiede un selfie ad Obama, un po’ come quando Emma ha chiesto al Papa di battergli il 5!
Qualcuno ha osato criticare Bebe perché è andata con Renzi a Washington, una pseudo giornalista l’ha chiamata “donna incompleta”… Una storia così potente non si può strumentalizzare. Bebe non si tocca, una che asfalta i problemi della vita come ha fatto lei si rispetta. Ma lei non si arrabbia, lei gli haters li ignora. “Non posso piacere a tutti, neanche la pizza piace a tutti!” risponde con quell’ironia che non manca mai e con cui prende a calci in faccia le difficoltà, ma anche chi la giudica.

instagram: @bebe_vio
La sua storia la sento sotto la pelle, da mamma di una ragazzina disabile, da combattente per i diritti delle persone con disabilità penso che la storia di Bebe abbia una potenza senza precedenti.
La sua storia ci dice che si può ripartire, sempre. Ma da dove si riparte?
La storia di Bebe dice che si parte dall’unica cosa che nessuno ci può portare via, nemmeno il più crudele intervento chirurgico, né alcuna disabilità, si riparte da se stessi, dalla propria anima, dalla propria identità, dall’amore che ci circonda e ci sostiene. Bebe lo dice sempre quanto importante sia la famiglia, lei la chiama “squadra”, ma poi al centro della sua vita c’è lei che quotidianamente conquista il suo posto nel mondo con la dignità e la consapevolezza di chi sa chi è e che cosa vuole.
In questa storia non c’è alcuna glorificazione della disabilità, che trovo ridicola, lei dichiara di aver avuto una “sfiga tremenda”, lo dice ad alta voce e lo esorcizza, ma si ritiene una donna fortunata.
Gli ingredienti della ricetta di Bebe non sono molti, ma soprattutto non sono impossibili: no deciso alla lamentela, no alla compassione, molta determinazione, tanto lavoro, dedizione, voglia di farcela, coraggio e molto amore, è cosi che si può prendere a morsi la vita e godersela anche quando ci prende a schiaffi. Infine la generosità, perché Bebe la sua storia la mette a disposizione di tutti, perché possa servire, perché possa ricordarci cosa possiamo farne della nostra vita ed essere aperti al cambiamento e alla meraviglia.

instagram: @bebe-vio
Io credo nel potere delle storie, le storie ci mettono davanti ad uno specchio e ci parlano sempre in qualche modo di noi, basta saperle ascoltare. Saranno le storie a salvarci, a tirarci fuori dai nostri buchi neri, a farci guardare la vita con occhi nuovi, sono le storie che arriveranno a cambiare il mondo, per questo la storia di Bebe va raccontata.
Approfondimenti consigliati:
Bebe intervista Claudio Arrigoni – Ability Channel
Bebe che vola da sola. E mette le ali agli altri – Invisibili Corriere.it
Bebe, la scherma, il sogno (non è una storia triste) – Paralimpici Gazzetta.it
Io posso fare tutto quello che voglio – Games Anatonomy
Memoria Paralimpica: Bebe Vio – Comitato Italiano Paralimpico
Bebe Vio Rockstar – Settimio Benedusi
Autore: Martina Fuga
Mamma di 3, Storica dell’arte, Runner. Si occupa di disabilità per amore e di arte per mestiere. Ma non ha chiaro dove finisca il mestiere e dove inizi l’amore. Ha scritto un libro sulla seconda figlia nata con la sindrome di Down dal titolo “Lo zaino di Emma”. Ha un passato da nipponista e ha lavorato per anni nel mondo delle mostre d’arte. Oggi si dedica con la socia Lidia ad Artkids e sogna di portare l’arte nella vita dei bambini.
Il suo blog è qui. Questa, invece, è la pagina dedicata a Emma.
Bebe è un pensiero che solleva e aiuta.
Grazie per averlo sottolineato. Fa bene all’anima.
Ci vorrebbe un mondo di Bebe Vio! E anche di Simona Aztori! E tutte queste anime belle e forti!