Sono tornata qui, dopo un mese abbondante.
Un mese rivoluzionario e faticoso in cui, finalmente, ho scoperchiato la mia polverosa collezione di vasi di Pandora e abbracciato il cambiamento. Si tratta di un percorso intimo e leggendario (leggendario per tutto quello che è meno evidente e glamour, per l’economia dei miei giorni e per tutto quel poco altro che a me sembra tantissimo). Un cammino che non so raccontare nemmeno a me stessa ma che ha creato connessioni importanti.
Una di queste – oggi sono qui per parlarvi di lei – è stato l’incontro con Milk and Honey di Rupi Kaur, un libro che ha fatto parlare di sé dal primo minuto della sua vita condivisa, amato alla follia da Tre60 che ha deciso di portarlo in Italia, sfidando il nostro approccio recalcitrante nei confronti della poesia.
Il successo che questo libro ha scatenato è stato tracimante. Quello che non smette di sembrarmi importante è che Milk and Honey di Rupi Kaur è riuscito a ricordarci quanto la forza di un messaggio sia in grado di valicare le reticenze più granitiche; quanto il bisogno di dire – di dire con il cuore e tutto il trasporto possibile – sia qualcosa di tracciabile e assolutamente evidente; quanto il pubblico, che moltissima editoria tende sovente a imboccare, sia perfettamente presente a se stesso.
Il pubblico sceglie, non subisce e ha ambizioni fruitive molto più variegate di quanto si pensi.

Con questo libro ho avuto la fortuna di creare un progetto tutto mio, raccontato su instagram, pieno di immagine e parola. Una serie di scatti che lo raccontassero nello stesso modo in cui lo vedevo e che vi abbracciassero tutti, in una ipotetica lettura condivisa, in un gioco di creatività e amore per le pagine scritte.
Il progetto è stato reso tanto bello (ok, lo ammetto: lo amo alla follia!) grazie alla presenza di un’attrice – Queralt Badalamenti (protagonista di ognuno dei dodici scatti realizzati) – e di un’amica con cui condivido sogni e fatiche – Justine Romano de Le Funky Mamas – che si è occupata della produzione dell’intera avventura, incrementando in maniera decisiva la creatività e le idee.
Eravamo un gineceo per un libro che parlava di donne. Niente di più perfetto!
Le donne raccontate, che sono il risultato dell’esperienza di Rupi e, per questo, lontane dal nostro vissuto, ci sono apparse immediatamente universali.
Potevamo essere noi, potevamo esserlo state per i giochi del destino o in una frazione fondamentale del nostro vissuto. Rupi ci ha raccontate nella gioia e nel dolore più profondo, nella fragilità che annienta e nella forza del rialzarci sempre e comunque.
Con Rupi Kaur abbiamo seguito un cammino a quattro tappe.
Il Ferire ci ha raccontato dell’essere nate donne in una società complessa, che ha fatto della divisione dei generi (delle rispettive educazioni, della loro realizzazione personale e professionale) un fatto fondante.
In questa fase abbiamo riconosciuto l’ingerenza di modelli secolari, la violenza più sfumata ma non per questo meno dolorosa, la mancanza di una coraggiosa educazione emotiva, che forgi menti e gesti, mettendo al centro la persona, non il genere.
L’Amare ci ha parlato di quello stato di grazia che ci rende completi e significanti solo in presenza di un sentimento che sembra certificarci, regalandoci finalmente un motivo del nostro essere al mondo.
Questa sezione è difficile da spiegare perché è un fatto intimo che ognuna di noi, in diverse percentuali, ha provato almeno una volta nella vita. Parla della perenne ricerca di completezza delle donne, una necessità più indotta che reale.
Lo Spezzare ha raccontato di un meccanismo che si rompe, con la conseguente perdita di orientamento e di parametri che, seppure violenti e indotti, erano l’orizzonte certo a cui tendere.
Questa terza parte parla della fatica di capire che le regole sono poca cosa, se rapportate all’energia vitale di ogni essere umano.
L’ultima tappa, Il Guarire, descrive l’importanza di ripartire da sé, di bastarsi, di cercare solo quello che ci accende e ci fa sentire persone vive e in cammino.
Non figlie, mogli, madri, solo persone necessitanti di un ritmo interiore del tutto soggettivo, di scelte al riparo dal sentire comune, di occhi che non abbiano il timore di guardare oltre la linea del consentito.
Spero che questo progetto vi abbia regalato uno spunto in più per guardare alla vostra vita, che abbia incrementato gioia ed empatia. Lo spero con il cuore perché libri simili chiedono solo di cercarsi tra la folla, di riconoscersi e, finalmente, di comprendersi e scusarsi.
Grazie a Tre60 per avere seguito con fiducia ed entusiasmo la mia intuizione. Lavorare con questo slancio è avventura a dir poco incredibile!
Camilla
Zelda was a writer
Milk and Honey
di Rupi Kaur (—> sito – instagram – twitter)
Tre60 (—> sito – facebook – twitter)