Ho incontrato Helen Nonini in uno dei primi giorni in cui la primavera ha deciso di fare capolino nelle nostre vite. Ero euforica per entrambi i motivi.
Le avevo chiesto di essere intervistata per “Nelle scarpe di…”, il progetto di incontro e confronto con cammini altrui che seguo dallo scorso anno per Scholl (l’ultimo cammino in ordine di tempo, lo trovate qui) e lei si è resa immediatamente disponibile.
Helen Nonini, consulente strategica e brand advisor nel campo della moda e del lusso, ha ritagliato il nostro appuntamento da una fitta agenda di incombenze e, per tutto il tempo in cui abbiamo condiviso uno dei tavolini del Caffè Letterario di Palazzo Reale, c’è stata.
Presente e coinvolta, generosa sia nel parlare di sé che nell’ascolto, lontana dalle urgenze del cellulare, la mia ospite mi ha lasciato solo quando le sue scarpe si sono dirette verso l’uscita, non prima.
«In Occidente ci hanno tolto il tempo» avrà modo di dirmi più avanti e così, mentre sono qui che ne scrivo, penso che la mia idea di lusso risieda proprio in questo: nell’avere tempo e nel sapere quando abbandonarsi a esso.
Parlare con Helen senza iniziare a chiederle quale sia stato il cammino dei suoi geni è come arrivare sulla cima di una bella montagna senza avere memoria dei passi che ti ci hanno condotto.
«Ho smesso di considerarmi una torta» mi dice. «Prima ero una lista di percentuali: una fetta italiana e due, egiziana e persiana, altrettanto corpose. Nella mia fetta italiana, poi, c’erano da calcolare altre due percentuali, una valtellinese e l’altra friulana».
A un certo punto, dunque, ha smesso di sentirsi parcellizzata e ha deciso di diventare miscela.
Ma quando è capitato? La sensazione è che tutto – a partire dagli orizzonti infiniti dell’Africa, dove ha vissuto fino ai primi anni ’90, arrivando alle alte pareti delle montagne valtellinesi, la sua prima tappa italiana – abbia allenato uno sguardo abituato ai contrasti, refrattario alle categorie e interessato al cammino. Non importa quanto lungo, non importa quanto impervio.
«Quando sono arrivata in Italia mi sono scoperta diversa. Avevo vissuto in Medio Oriente, dove frequentavo le scuole cattoliche. La mia classe formava un insieme variegato di provenienze. Era un fatto assolutamente normale essere tutti diversi, ma mi sono accorta della sua specialità quando mi sono trasferita qui».
Rido mentre ripercorre la lista delle cinque cose che le piacevano in quel periodo, rido perché ricalca alla perfezione la mia. Il parmigiano, la Nutella, il cornetto industriale nella busta di plastica, le Big Babol e il Corriere dei Piccoli (lettori, non giudicateci: erano gli anni ’90). Nonostante tutti i ragazzini del periodo condividano almeno quattro dei suoi cinque grandi amori, Helen viene percepita come un’estranea e fatica a inserirsi in un gruppo.Dopo anni di solitudine e sofferenza, decide che non vuole cedere il passo allo sconforto e si nutre di bellezza, gentilezza e conoscenza. Si struttura in positivo, cercando di assorbire solo ciò che l’accresce, abbandonando sconforto e livore.
«Ho avuto la fortuna dell’Arte» mi dice.
L’arte diventa la portata principale di una tavola imbandita in cui la gentilezza è una spezia magica, capace di insaporire qualsiasi portata. L’Arte esalta il gioco della miscela e rafforza un concetto che non l’abbandonerà più: la bellezza della complessità.
È in questo periodo che lo schema a torta delle origini smette di avere un valore imprescindibile. Ogni avventura regala un’influenza nuova, un innamoramento creativo, un nuovo spicchio della torta e le percentuali iniziano a starle strette.
Il tema della gentilezza è un altro punto su cui conversiamo lungamente.
“Be Kind – Un viaggio gentile nel mondo della diversità“, il film di Sabrina Paravicini e Nino Monteleone, è uno degli ultimi progetti per cui si è spesa con grande trasporto. Il documentario segue i passi di Nino – figlio dell’attrice e regista Sabrina Paravicini – al quale è stata diagnosticata la sindrome di Asperger.
Nino viaggia per il mondo alla ricerca di modi diversi di vedere la vita e più seguiamo il suo cammino, più le carte si confondono. Chi è davvero il diverso? E chi può dirsi tale, in un mondo attraversato da milioni di strade?
Se si parlasse in termini di unicità, se fosse possibile insegnare a tutti che la strada della riconoscibilità passa attraverso caratteristiche assolutamente uniche e irriproducibili, forse molta parte della nostra sofferenza smetterebbe di avere un peso specifico su scelte e destini.
Più passa il tempo e più mi sembra che la mia ospite sia l’emblema perfetto di quest’idea di unicità.Per prepararmi al nostro incontro, ho letto alcune interviste fatte a Helen e in tutte ho intravisto una fiera difesa del contenuto, della cultura. Il rafforzamento di un brand o di un’istituzione – a mio parere, non è più così importante definire il contesto – attraverso il contenuto, la gentilezza, la tutela del singolo, il rispetto del Pianeta mi pare una direzione profondamente al passo con i tempi, seppure ancora difficile e coraggiosa.
Siamo testimoni di un mondo di grandi rivolgimenti, non sempre positivi, è vero, ma in essi inizia a farsi largo una forza di professionalità variegate e consapevoli, formatesi nel vecchio sistema e ora interessate a fare meglio, a fare diversamente.
Che questa nuova ondata di consapevolezza gentile ci porti ben oltre il limite di speranza che ritenevamo possibile? Io dico di sì. Non ho dubbio alcuno.
In questo post indosso il modello Greeny Mule, nato all’interno di un ciclo di lavoro totalmente sostenibile.
Le fibbie, la tomaia e la fodera sono realizzate in materiali riciclati al 100%. La suola è composta per il 20% da materiale riciclato e per il restante 80% da gomma organica naturale. Inoltre, per i colori delle stampe non sono stati utilizzati né acqua né coloranti.
Ci tengo a specificarlo perché, dopo quanto detto con e su Helen Nonini, mi sembra che una strada di consapevolezza e attenzione sia possibile e che gli esempi in questa direzione inizino a essere tanti.
Grazie come sempre a Justine per le foto che scatta durante i miei incontri.
Questo post è il risultato di una collaborazione con Scholl di cui vado molto fiera.
Grazie, come sempre, per il sostegno che dimostrate al mio lavoro.
Ho conosciuto Helen Nonini e ho avuto il piacere di intervistarla rispetto al mio lavoro da educatrice…in un’ora ho ascoltato così tanto che i benefici ricevuti mi sono entrati sotto pelle…infinitamente grata!
A.B.