UNA MALATTIA SENZA NOME: LA LETTURA CREATIVA DE “L’OPPOSTO DI ME STESSA” di MEG MASON (HARPERCOLLINS)
Eccomi di nuovo da voi, in un periodo che non avremmo mai creduto di vivere, dopo due anni di enormi fatiche, appesantiti da un carico di domande sospese che, inutile mentire, non hanno trovato risposte soddisfacenti.
Ci sembrava di avere sperimentato l’impensabile e poi ci siamo trovati testimoni di una guerra che sta agitando questo mondo già profondamente compromesso.
Non voglio mentirvi, non è facile essere qui a parlare di libri, ma sento che è l’unico modo che ho per partecipare a questi giorni con gli occhi aperti e la mente viva, per cercare di dare ampi spazi a empatia e confronto, per ricordarmi che, azzerato il potente lavoro sui dettagli, i quadri d’insieme si fanno tetri e spesso molto pericolosi.
Oggi voglio raccontarvi come è andata la lettura creativa di febbraio. Magari non c’eravate mentre ne parlavamo su instagram, magari ve la siete persa. Il libro di cui abbiamo parlato si chiama “L’Opposto di me stessa” di Meg Mason (HarperCollins) e il lavoro creativo che ne è nato ha a che fare con un mazzo di carte da gioco, le “Milanesi”.
Nelle prossime righe, se ne avrete voglia, vi racconterò come è andata la nostra ricognizione di tre settimane nelle sue pagine.
“L’Opposto di me stessa” è un libro che introduce il lettore in un’atmosfera da commedia inglese, spassosa e irresistibile, ma, tra le vicende di personaggi spesso sconclusionati, tra le mille scorribande della vita e i suoi infiniti paradossi, si intercetta da subito una frequenza sotterranea, spesso molto dolorosa.
È la frequenza di Martha Russell Friel, la sua protagonista, impegnata a definire se stessa e il suo opposto, anche in rapporto a una malattia mentale mai chiamata per nome e, per molto tempo, neanche guardata in faccia.
Il nostro viaggio nella sua storia ci ha permesso di entrare nella complessa e appassionante tematica del “non è come sembra”.
Grazie a Martha abbiamo ridotto le distanze di sicurezza con la malattia, quella che non si vede e che, per molto tempo, è stata catalogata come espressione di animi bizzarri, annoiati, viziati.
Camminando a ritroso nella sua vita abbiamo passato in rassegna i danni causati dal non essere ascoltati e quelli derivanti da un’idea di noi stessi che spesso ci ostiniamo a conformare a modelli inesistenti.
È stato proprio in mezzo ai suoi cortocircuiti che abbiamo parlato del sentirsi diversi in un mare di simili (o supposti tali), del bisogno sempre più urgente di abbracciare tutto di noi, anche le parti più oscure, quelle che reputiamo meno nobili e che ci fanno sentire sbagliati.
I toni colloquiali, quotidiani e spesso divertiti di questo libro ci hanno consentito di non scappare a gambe levate dalla malattia mentale, una condizione che fa tanta paura, che non è ancora chiara, che spesso ci viene raccontata come un fallimento personale.
E sapete cos’è successo?
Guardarla negli occhi, posizionarla nell’economia della vita di Martha e capire che era assolutamente gestibile è stata una liberazione.
“L’Opposto di me stessa” di Meg Mason mette in scena il ribaltamento di una serie di prospettive che la protagonista si trova costretta a operare allo scoccare dei suoi quarant’anni, nell’esatto momento in cui sembra che tutto quello che ha costruito stia fallendo miseramente.
Il rapporto con se stessa e con i suoi desideri, la relazione con una famiglia disfunzionale e un matrimonio in apparenza perfetto sembrano sgretolarsi come castelli di sabbia costruiti troppo vicini al mare, costringendola a una feroce e dolorosa rimessa in discussione di ogni suo punto di riferimento.
Di fronte a questo continuo cambio di prospettiva, il lavoro creativo sviluppato sul mazzo di carte da gioco mi ha permesso di mettere al centro di tutto una figura femminile che diventa duplice, che non sceglie di rinnegare tutto, ma, al contrario, abbraccia tanti aspetti del suo essere, insieme a tante facce e a tante voci interiori. Anche aspetti di sé che non conosce e che forse un giorno arriveranno.
IL DRAMMA DELLE DOMANDE MAI POSTE
I personaggi del libro di Meg Mason sono schiacciati da una serie di domande mai poste. Le persone che sono loro vicine non chiedono. Spesso immaginano o danno per scontato, spesso non vogliono sapere. Forse perché la loro esistenza è già satura di domande sospese, forse per paura che qualcosa di doloroso e ingestibile si scagli sulle loro vite e le stravolga completamente.
Questo, secondo me, è il tema più forte dopo quello centrale, legato alla malattia mentale.
Camminare lungo un cammino intenso come quello della vita senza che qualcuno ci domandi dove stiamo andando è piuttosto faticoso perché ci definiamo anche in funzione di quelle domande. Rispondere a voce alta vuol dire fare il punto della situazione, vuol dire guardarsi dentro.
Dopo aver finito “L’Opposto di me stessa” ho pensato ai nostri giorni e a quanto la definizione di un sé esibito e autorevole – almeno lungo le arterie del virtuale – contempli sempre meno domande poste agli altri.
E allora, per tenere fede alla mia anima didascalica, finisco la ricognizione di questo percorso condiviso con una domanda: non sarà che a furia di evitare di prenderci del tempo per ascoltare gli altri, finiremo per perdere di vista anche noi stessi?
ECCO LE IMMAGINI DELLA MIA LETTURA CREATIVA
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ECCO COSA STO ASCOLTANDO MENTRE VI SCRIVO…
Ti lascio con un sorriso. Ti lascio con la ferma convinzione che le storie regalino potenti chiavi per accedere ai mondi dell’empatia e del rispetto. Ti prego di non smettere di considerare l’impegno verso la condivisione e la speranza una forma di resistenza al male.
Grazie per essere qui con me!
Un sorriso, anzi due.
Camilla
Questo progetto è il risultato di una collaborazione con HarperCollins di cui vado molto fiera.
Grazie per il sostegno che dimostrate al mio lavoro.