UN ROMANZO DI FORMAZIONE:
LA LETTURA CREATIVA DI “40 CAPPOTTI E UN BOTTONE”
di IVAN SCIAPECONI (PIEMME)
Buon fine settimana! Oggi sono qui per salutare una lettura creativa che ci ha tenuto compagnia per ben tre settimane sul mio profilo instagram.
Sì, mi sto riferendo a “40 cappotti e un bottone” di Ivan Sciapeconi (Piemme), libro protagonista del mese di gennaio.
Se è la prima volta che ti trovi da queste parti, sappi che non sono tanto costante nelle comunicazioni su questo blog, tranne per quelle volte in cui qualcosa di bello e articolato è passato nella mia vita creativa e io non vedo l’ora di raccontartelo, di renderti parte integrante della mia gioia. Perché non esiste avventura memorabile che non sia condivisa!
“40 cappotti e un bottone” trae ispirazione da una storia realmente accaduta a Nonantola, in provincia di Modena, durante gli anni della Seconda guerra mondiale.
Fu proprio allora che la sua piccola comunità si spese senza riserve per aiutare ben 73 bambini e ragazzi di origine ebraica provenienti da Germania, Austria, Bosnia e Croazia. Gli abitanti di Nonantola, infatti, benché colpiti duramente dalla guerra e dalla sue terribili sofferenze, si spesero senza sconti per difendere e aiutare queste giovani vite nella fuga dalle persecuzioni razziali di cui erano vittime.
La storia di Villa Emma, la villa in cui dal luglio del 1942 il gruppo venne ospitato in attesa di raggiungere Eretz Israel, è stato per lungo tempo sottratta alla memoria, forse perché la ferita della guerra appena conclusa era troppo fresca e serviva una certa distanza critica per tornare a parlare di quello che aveva così profondamente cambiato il destino di tutti. O forse perché per gli abitanti era un fatto assolutamente normale aiutare qualcuno in difficoltà, specie se così giovane e indifeso.
In ogni caso, il ricordo di questa storia densa di umanità è tornato a far parlare di sé e continua a vivere grazie alla Fondazione Villa Emma e, da qualche settimana, grazie al libro di Ivan Sciapeconi.
—> Le foto che vedete in questo post a esclusione delle grafiche che ho realizzato io, sono tratte proprio dal suo sito.
“40 cappotti e un bottone” è un intenso romanzo di formazione che registra i pensieri di un ragazzino chiamato Natan.
Dopo la terribile notte del 9 novembre 1938, conosciuta dai posteri come “La Notte dei Cristalli”, la sua vita cambierà repentinamente, costringendolo a lasciarsi alle spalle affetti e punti di riferimento stabili per fuggire da un mondo trasfigurato dall’odio e dalla violenza.
Berlino, la sua città natale, gli appare oramai priva di angeli. Le finestre chiuse e le spalle girate di chi potrebbe esporsi per salvare lui e la sua famiglia aumentano in maniera esponenziale il dolore, i dubbi e le domande sospese.
Natan porterà con sé questo bagaglio piuttosto ingombrante lungo un rocambolesco viaggio attraverso l’Europa, insieme a ragazzini in fuga come lui e a una manciata di adulti seriamente interessati a salvargli la vita, anche a costo della propria.
Grazie a tutti coloro che lo aiuteranno lungo il percorso, e di cui custodirà il ricordo per sempre, Natan riesce ad alleggerire quel bagaglio affrontando questioni come l’importanza del gruppo, il valore della fiducia e il coraggio di non farsi trasfigurare da tutto l’odio di cui è stato vittima suo malgrado.
Il suo viaggio lo porterà ad attraversare il dolore a testa alta, trovando nella costruzione di sé – un sé rinnovato e padrone del suo tempo – l’unica possibilità per immaginare un futuro diverso, senza confini e bandiere.
UNA CLASSE IN GITA
La mia lettura creativa del libro di Ivan Sciapeconi si è focalizzata su due dettagli che campeggiano nel titolo: cappotti e bottoni.
Ho cercato sei foto degli anni ’40 che mi ispirassero il senso del gruppo e del mutuo soccorso e ho disegnato una serie di cappotti blu con grossi bottoni gialli su alcuni dei personaggi ritratti. Sulle figure più giovani, quelle che mi ricordavano i fuggiaschi nascosti a Nonantola.
L’ultima fase del salvataggio dei ragazzini di origine ebraica è stata decisamente creativa. Le donne di Nonantola, infatti, hanno confezionato una serie di cappotti tutti uguali per farli apparire come una classe di studenti in gita. Questo lavoro matto e non privo di criticità (per la povertà dilagante, la segretezza e il poco tempo a disposizione) permetterà ai ragazzini di raggiungere la frontiera con la Svizzera e di trovare finalmente la libertà.Ridisegnare sulla Storia, come in fondo hanno fatto gli abitanti di Nonantola, mi ha permesso di ricordare una volta di più le nostre responsabilità nei confronti dei destini altrui. In tempi difficili come quelli dell’occupazione nazista, ma anche nel nostro presente così complesso e delicato.
Tutti possiamo scegliere che senso profondo dare al nostro passaggio nelle cose del mondo. Dopo anni spesi a studiare e a cercare storie – storie di qualunque tipo, senza classifiche d’importanza o di utilità – penso che la scelta migliore risieda nell’essere insaziabili di vita e di giustizia. La scommessa, però, è farlo a più largo raggio. Non solo per se stessi o per il proprio tempo, ma per tutte le persone che abitano il mondo e per i tempi che verranno.
ECCO LE IMMAGINI DELLA MIA LETTURA CREATIVA
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ECCO COSA STO ASCOLTANDO MENTRE VI SCRIVO…
Ci sarebbe molto altro da dire su questo libro, ma inutile che ti riempia di parole quando ho la fortuna di poter condividere la chiacchierata di qualche giorno fa con Ivan Sciapeconi.
Infine, se la storia di Villa Emma ti ha affascinato come è capitato alla sottoscritta, ti consiglio altri due link. Qui trovi un documentario pubblicato su Raiplay e qui il diario di Sonja Borus, una dei ragazzi di Villa Emma.
Grazie per il tuo entusiasmo e grazie per continuare ad avere voglia di viaggiare con me negli infiniti mondi che ci regalano le storie.
Un sorriso, anzi due.
Camilla
Questo progetto è il risultato di una collaborazione con Piemme di cui vado molto fiera.
Grazie per il sostegno che dimostrate al mio lavoro.