Buon giovedì a Tutti!
Come procedono le cose lì da voi? Qui confusione, speranza, colore e una missione che sto per andare a compiere per conto de Le Funky Mamas.
È fatto oramai certo che avere un rigattiere sotto casa – tanto sotto casa da calare un cestino per la merenda – sia diventata la mia personalissima rovina. Per carità, sono certa che, nella lunga lista delle dipendenze odierne, la mia non venga contemplata neanche nella prima cinquantina, ma credetemi: la cosa sta diventando parecchio problematica.
Succede che io passi, metta dentro il naso, sia accolta con estrema gentilezza e mi venga detto pure di accomodarmi. Da quel momento: la perdizione. Passo con gusto e curiosità le infinite cartoline vintage, sistemate con cura in una scatola profonda. Mi soffermo solo su quelle scritte (mi hanno detto che per questo motivo non posso essere considerata una VERA collezionista) e, ad un tratto – non ci sono lucidità e raziocinio che tengano – io devo portarmele a casa. Come fossero parte di un universo parallelo, di una storia a cui io, con le mie parole e i miei pensieri, potrei dare un seguito. Una seconda vita, un nuovo senso.
Ok, pecco di onnipotenza. Lo ammetto subito, per sedare ogni dubbio in merito. Io penso che con la sola forza del mio entusiasmo, certe storie non finiscano mai. Terribile, se volete smettere di leggere, siete assolutamente giustificati!
Capita così, dunque: capita che per qualche strano caso del Destino, alla fine certe storie lontane tornino a casa con me. Se vi ricordate è capitato con il carteggio di Adelina Romanof e ora è la volta di Elvira e Gian.
Ma andiamo con ordine. La settimana scorsa ho ricevuto una bellissima lettera di Jaime.
Ve la ricordate? Ne avevo scritto qui. Avevo lodato i magnifici francobolli che vende in una delle sue tante e colorate attività online (Send more mail) e avevo raccontato di lei, di suo marito Joseph, di quella passione per l’Italia che li spinge a tornare sempre qui, per scattare ricordi e atmosfere meravigliose.
Settimana scorsa, dunque, Jaime mi ha scritto e ha allegato alla lettera due fantastiche serie di francobolli (Grazie, cara Jaime!). L’emozione di ricevere una lettera tanto bella si è impossessata delle mie deboli membra e così ho pensato che nei prossimi mesi mi adopererò perché questo bellissimo modo di scambiarsi presenza possa tornare a far parte della mia vita…
Dopo aver ricevuto tanta cura, ho pensato a quanto il nostro desiderio di comunicazione resti invariato nel tempo. Certo, con gli anni cambiano le modalità, ma questo necessario ponte verso gli altri – altri lontani, presenti nel ricordo e nei pensieri – lui no, non si esaurisce mai.
Mi è venuto quindi da pensare al nuovo carteggio comprato: poche cartoline, quelle tra Elvira e Gian, due innamorati che si scrivono tra il 1943 e il 1944. Sono tornata per cercare altre loro lettere, ma tutto era stato già venduto.
Si amano follemente, Elvira e Gian. Sono nel pieno di un fatto storico che non guarda in faccia niente e nessuno. Non c’è amore che tenga e nemmeno la specialità di un bambino in arrivo: i due innamorati bresciani sono destinati a restare divisi. Lei a casa, nel pieno di una gravidanza non facile, e lui in caserma. Esiste solo questo, esiste solo la corrispondenza. Le parole scritte e inviate, insieme ai terribili dubbi che non giungano mai a destinazione.
Queste cartoline vengono scritte con un’urgenza che commuove. Piene di un amore viscerale, di paure, di dubbi. Piene di piccole faccende del quotidiano che spuntano tra un “non posso vivere senza di te” e un “vita mia”. Sono faccende che riguardano il male ai piedi, i parenti in difficoltà, un pranzo di Natale poverioe tragitti su treni affollati e pieni di disperazione. Salò mercoledì 1° settembre 1943. Credetemi, fa davvero impressione leggere un’intestazione come questa ad una lettera d’amore. Soprattutto a noi, che conosciamo lo svolgimento di tutti gli eventi che la seguirono.
Tutto finisce senza finire, nel carteggio di Elvira e Gian. Le scrive anche lui, due cartoline pressoché illeggibili, di un amore più misurato e pratico, ma non meno ispirato e pieno di tenerezza.
Ecco quindi i due innamorati di Salò, che fluttuano nella mente e nel cuore, in attesa di essere collocati in un finale che li premi, nonostante la schiacciante povertà morale del libro di Storia che li ha voluti protagonisti… che ne dite, troveranno pace e capitoli migliori? Vi confesso che ogni tanto me lo chiedo.
Amici belli, sono in ritardo con alcuni post (una volta che avevo programmato tutto per benino!!), domani vi mostrerò le foto che ho scattato per un bel progetto capitato a Cecilia e, se siete d’accordo, posticiperò il blog del mese alla prossima settimana.
Grazie a tutti per i commenti e le mail private per il post di ieri. Anche oggi, con questo post sulle cartoline vintage, mi viene da pensare a quanto la libertà sia il nostro bene più grande.
Un sorriso!
xoxo
Cara Zelda
questo post è delicato e romantico.
Quello che trovo straordinario in queste lettere è il Linguaggio così curato, ricco e non approssimato, la scelta di parole non convenzionali per descrivere degli stati d’animo così intensi.
Ciao! Sai che è quello che non smette di colpirmi? Vago tra evidenti differenze sociali, ma la cura per i lemmi resta intatta.
Anche tra errori e sviste, quel rispetto per le parole pare immutato!
Un sorriso e buona giornata!
Questa storia della storia in cartolina mi intriga parecchio. Mi sembra tutto così stupendamente letterario che scoppia di bellezza. Brava Zelda.
Zelda was, is and will be a writer.
Grazie Cristina! Sapevo ti sarebbe piaciuta!
Ogni ritrovamento è pura magia: una colorata speranza per parole future. <3
Lo diceva anche Lucio Dalla.. “caro amico ti scrivo, così mi distraggo un pò e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò..” Passano gli anni, cambiano i mezzi a nostra disposizione, ma la voglia di comunicare è sempre alla base di ogni rapporto umano! E poi, è proprio vero.. “verba volant, scripta manent”.. nonostante il tempo che passa, quest’amore ancora c’è e grazie a te ritorna di nuovo alla luce del sole! Splendido post Zelda! <3
Questo modo di vivere l’amore è forse passato un po’ in secondo piano. Se prima le lettere d’amore erano una componente talvolta indispensabile delle relazioni, oggi sono considerate una sdolcinatezza quasi eccessiva, dato che non sono necessarie. Ma quanto sono belle! Come ti arrivano al cuore! Penso che valga di più una lettera in una settimana che due telefonate, 10 sms e varie chattate al giorno. Ma resteranno. Diventano più rare delle cabine del telefono, ma restano!
Restano, Claudia, hai ragionissima!
E sai cosa ti dico (attenzione, è in arrivo un paradosso)?! Prima c’era la sensazione di lasciare qualcosa alla posterità. Bisognerebbe ragionare su questa cosa: non è possibile che questa buona forma scritta fosse figlia di un’educazione al poi, al futuro, all’essere parte di qualcosa che passa e che, in mano ad altri, assume un nuovo senso e una nuova utilità?
Adesso le mail si ammucchiano, le lettere maiuscole diminuiscono e l’interpunzione si fa incerta…
Che ne dici, fondiamo il fronte delle Parole Scritte A Mano?
Un sorriso!
Hai ricevuto la mia lettera! Sono contenti! xo
<3 adesso ti scrivo in privato!!