Buongiorno a tutti!
Sono drammaticamente indietro sulla tabella di marcia, ma devo lasciarvi qualche riga di condivisione prima di immettermi nel flusso delle mille cose previste per oggi.
Ieri sono andata all’Elfo Puccini per l’ultimo spettacolo del mio abbonamento: Pinocchio.
Non sapevo bene di cosa si trattasse, c’erano Pinocchio, Babilonia Teatri e Gli Amici di Luca. Poi c’erano le parole della mia amica Mari, che dicevano circa così: Questo spettacolo non devi perderlo.
Questo spettacolo non l’ho perso, mi è entrato dentro, mi ha scosso e risvegliato. Non credo lo perderò più, a dirla tutta.
Per questo e per altre impercettibili sfumature di senso, vorrei che anche voi non lo perdeste. Il tempo per raggiungerlo è breve: resterà in scena fino a domenica. Se un pochino vi fidate di me, non perdete questa occasione.
Se per caso un giorno mi chiedeste di raccontarvi una carezza o un pugno in pancia, credo che vi proporrei di vederci personalmente. Dopo una silenziosa stretta di mano, mi metterei di fronte a voi, con la mia goffa persona, a tentare di rianimare il sentimento di gioia calda o di freddo sgomento che ognuno dei due è riuscito a creare in me, nella vasta e infinitesimale gamma di sentimenti provati. Le parole non arriverebbero a tanto, perché dovrebbero descrivere un’energia, un flusso, il movimento astrale e spiritico dell’emozione.
Tutto questo preambolo per dirvi che provo la stessa difficoltà adesso, mentre tento di raccontarvi Pinocchio.
Ti siedi e ti aspetti che non sarà una serata di certo facile: si parla di risvegli dopo l’esperienza buia e misteriosa del coma. Sei disposto a mettere in conto lacrime e una certa confusione dei tuoi organi interni, quella che ti si crea quando, per decenza, non riesci a scioglierti in tutto il pianto che vorresti. A ripensarci, potevi non truccarti gli occhi con l’eyeliner e optare per un abbigliamento più comodo, ma sei pronto. Pronto per guardare quello che spesso fingi di non vedere. Poi arrivano questi tre uomini, vestiti di poco e in evidente fatica fisica.
Li ascolti, sorridi mentre parlano, passi in rassegna ogni centimetro della loro fatica epidermica. Non indugi sulla loro diversità, ma ti interessa la vostra uguaglianza. Vedi degli uomini come te, dei titani della vita, fermati da un incidente in macchina o da uno in moto, addormentati in un buio che è durato anche due mesi, di nuovo svegli e svuotati di ogni riferimento di sé e del mondo. Leggono le prime tre pagine dei libri per rendersi conto di averlo già fatto, ritornano a parlare passando per le vocali, cercano la loro fata dai capelli biondi naturali e dagli occhi fotocromatici.
Ad un tratto ti capita di perderti. Si scioglie qualcosa dentro di te. Il caldo della carezza e lo sgomento di un pugno accompagnano i tuoi minuti e il senso del loro tempo – totalmente privo di passato, con un futuro latitante – diventa il tuo.
Capisci la fatica di Pinocchio, il suo voler diventare uomo di carne. Capisci quanto sia difficile non esserlo mai pienamente, staccati i fili che ti ancoravano alla certezza posticcia del tuo stato di marionetta. Uno stato di cartapesta e legno, ma pur sempre uno stato.
Capisci quanto conti il tuo senso del tempo, quanto i tuoi occhi verso gli altri e la loro fatica – di qualunque grado e tipologia sia – possano diventare vere ancore di salvezza, ti fermi a chiederti cosa saresti senza il tuo ieri e come sarebbe tragico non essere accettato dal tuo domani.
Ieri sera, sulle note di questa magnifica canzone, ho guardato in faccia la strenue e innamorata ricerca di Vita, nonostante tutto. E allora non mi sono parsi vani i tentativi e le scommesse. Mi è sembrato utile sbagliare e vergognarmi, fare il passo più lungo della gamba e trovarmi nel pieno della disperazione per un amore finito.
Mi sono persino sembrati irrinunciabili i pomeriggi estivi di niente, quando – adolescente e complessata – aprivo le finestre di una Milano bollente e spargevo le note di Don’t cry verso il cielo e il bagno dei vicini.
Una volta mia madre entrò in camera e mi chiese:
– Ma cosa dice questa canzone, che la canti sempre?
– Mamma, cioè (“cioè” è stata la mia prima dichiarazione di maturità e indipendenza verso il mondo tutto), ti dice che non devi piangere, che c’è un Paradiso sopra di te!
– Camilla, inizia a viverti quello che ci sta sotto…
Mi disse queste testuali parole e chiuse la porta mezza offesa.
Viviamo intere esistenze in attesa di un premio che ci sarà dato. Di un Paradiso, un futuro, un mutuo riscattato con fatica o di una promozione professionale ottenuta sorpassando persino noi stessi. Molto spesso conteniamo le nostre espressioni perché un ballo funky scatenato o la ricerca del Paese dei Balocchi non sono questioni su cui perdere molto tempo. Lo dicono i telegiornali, ce lo chiedono le regole di buona creanza.
E se la vita fosse questo?
Se fosse un silenzioso mattino in cui ti svegli e vedi l’alba, un balzello improvviso che fai sulla strada che ti porta al lavoro o un veemente bacio senza domani? Se fosse solo il profumo di un fiore che ti è nato sul balcone per pura volontà del vento?
Che sia una magnifica giornata per tutti voi!
xoxo
Parole e pensieri che arrivano all’anima! Buona giornata!
Non indugi sulla loro diversità, ma ti interessa la vostra uguaglianza.
Camilla (il nome intero è d’obbligo oggi) io ti amo, per questo.
<3
credo che questo post sia proprio una carezza e un pugno. bellissimo!
<3 peccato essere così lontana…
Molto spesso ci sentiamo in colpa se “perdiamo” tempo leggendo un libro, o ci perdiamo nel dolce far nulla, anzichè lavorare lavorare e lavorare per produrre, come fosse l’unica cosa importante, come se non dovessimo fare altro. Ma perchè? Non è forse importante gustarci ogni istante della nostra giornata? Osservare i colori del cielo al mattino, la rugiada sull’erba, il profumo delle stagioni, sentire l’aria sulla faccia, ascoltare il silenzio… Perchè ci richiedono di essere sempre assorti in pensieri negativi o gli obblighi che il lavoro e le scadenze comportano, ricordandoceli costantemente ad ogni telegiornale, trasmissione, o quotidiano? Perchè oggi, in questo tempo così difficile per la società, non possiamo ritagliarci dei piccoli momenti di gioia, senza sentire quel senso di colpa che vogliono inculcarci?
Dobbiamo riuscire ad essere un po’ egoisti e pensare anche a noi stessi, pensare che tra tante cose difficili ci sono tante cose belle che rischiamo di perdere e che non ce lo possiamo permettere perchè sono proprio quelle piccole cose ad essere importanti e che ci fanno sentire vivi. E accadono oggi, non domani.
Il tuo blog è una di queste, una boccata d’ossigeno quotidiana tra tante corse e tante difficoltà. Grazie!
È sera, e la mia tabella di marcia è un puntino lontano e veloce che per l’ennesima volta mi ha lasciata indietro, molto indietro.
Sono in ritardo, ma felice di aver letto questo post. Sono senza fiato, ma respiro parole! Un abbraccio :)