Buongiorno!
Sta per iniziare un 52 weeks project verboso, mettetevi comodi.
La Storia degli Uomini – sìsì, oggi tematiche leggere – ci ha regalato successi prodigiosi, al limite del magico, ma anche cadute di stile talmente profonde da avere ormai superato di qualche chilometro ogni accenno di falda acquifera.
Prendete le tenaci e infinite querelle sui confini, le dispute per due centimetri di terra, lo sfruttamento di risorse a danno dei popoli indigenti che in teoria ne sarebbero, se non padroni, almeno legittimi usufruttuari. Pensate alle lotte, alle prevaricazioni, al sangue, all’offesa. Pensate alle notti in cui ti assalgo perché mi è presa un’insopprimibile voglia di espansione, a quelle in cui ti saccheggio perché ho deciso che la mia casa è dove rubo quanto più posso. Questo è mio. No, è mio. No, è mio.
Vi è preso un simpatico groppo alla gola? Me ne scuso, ho peccato di premessa e la penna ha fatto il resto. All’incirca.
Oggi voglio parlare del sentimento di possesso che caratterizza l’Uomo. Non ci sarà mai nessuno che, alzando la mano, possa sostenere che proprio no, lui non l’ha mai provato. Possedere, o ambire a farlo, non è propriamente un sentimento negativo: come sempre accade, ci sono delle fantastiche variazioni sul tema! Ma mi accorgo sempre più di questo fattaccio: mentre il flusso di novità dei nostri giorni ci induce a sciogliere i nodi e a condividere, l’attaccamento al nostro territorio, alle nostre cose, non ci rende diversi dalla mosca sulla carta moschicida. Con la sola differenza che, mentre noi in certi casi proprio lo escludiamo, la mosca vorrebbe essere libera di volare. Su escrementi e cose poco piacevoli, obietterà qualcuno, ma è pur sempre vero che le mete della libertà – sempre che non facciano del male a qualcuno – sono fatti privati e insindacabili.
Il fattaccio, dunque, risiedere sempre lì, nella tragica piega del “quello che produco e che mi potrebbe venire rubato”. Escluderei dal discorso la frequente opzione del “quello che non produco e che mi potrebbe venire rubato” perché annoierei anche la punteggiatura.
Se produci, dai testimonianza della tua partecipazione alle cose del mondo.
Se produci, procedi, sperimenti ed evolvi.
Chi non produce – un’espressione, un giro su se stesso, un quadretto con la sabbia del Mar Morto – non vive. E non vivere rende livorosi: invece di frequentare le profonde radici della nostra stasi, iniziamo a mettere i bastoni tra le ruote al movimento altrui. Con giudizi, commenti negativi, indicazioni stradali volutamente erronee. L’enciclopedia dei sabotaggi al movimento altrui inizia a non trovare spazio sullo scaffale più ampio…
Per la mia settimana di tentativi, ho imparato una lista di cose (giuro, ho quasi finito!). Mi ci sto impegnando, perlomeno.
1. Le idee circolano, ci sono dei momenti magici in cui due persone, lontane per stile di vita e geografia, sentono l’esigenza di dire una determinata cosa. E lo fanno nello stesso modo. Continuo a ritenere questa una delle magie più grandi della storia della creatività. Restare attaccati all’idea di esclusività intergalattica è una cosa da persone con lo sguardo basso. Inutile e triste, insomma.
2. Concentrati su quello che farai e non perdere tempo a difendere a spada tratta un supposto possesso di quello che hai già fatto. Il fatto è un fatto.
3. Se esprimi un concetto, un progetto, una frase d’amore, esiste la testimonianza del tuo gesto. Se non lo fai, per paura, difesa, tutela… ahia, che gran peccato! Chi riprende le tue espressioni, le cita, non le inventa. Chi le copia non ha ancora capito che non è in gioco il risultato quanto il cammino. Si produce per camminare, non per raggiungere.
4. I grandi progetti non si fanno mai in solitaria. Benché il rispetto degli spazi, delle competenze e del punto di vista sia auspicabile, santificabile ma non sempre scontato (maledizione), è fatto incontrovertibile che solo sciogliendo il proprio inossidabile senso del “da qui a lì” si potranno fare grandissime cose. Il gruppo esalta quello che il singolo sa fare bene, lo fa a livelli tali da farci perdere il sentimento della sua presenza per regalarci quello – più importante – della sua essenza.
Ecco, credo che il gruppo funzioni come una sinfonia! Credo ma non potrei giurarci, visto che mi limito a cantare canzoni pop sotto la doccia.
Che sia un magnifico fine settimana per tutti voi!
xoxo
Grazie come al solito per i tuoi preziosi insegnamenti del venerdì! Ti auguro uno strepitoso fine settimana
Ti adoro.Grazie per la riflessione.
sai quando leggi il post giusto al momento giusto? (e guarda caso spesso sono post di una certa Camilla!!!)
grazie
:-)
“Restare attaccati all’idea di esclusività intergalattica è una cosa da persone con lo sguardo basso. Inutile e triste, insomma.”
Un concetto spinoso, espresso con una delicatezza impareggiabile. <3
Niente da fare: Zelda ci becca sempre! :)
Sei saggia <3
Sei speciale. Grazie per questa preziosa lezione (l’ennesima).
Baci
Cinzia
ecco, una delle questioni che mi sta più a cuore in assoluto: condividere senza la paura di una minaccia di copiatura.
Ma hai proprio ragione, l’importante è il cammino, non il risultato!
e a chi copia sfuggirà sempre la parte più importante, perciò il risultato sarà sicuramente più scadente!
Che bello questo post Camilla! brava,brava,brava! <3
Bello…
qua dentro c’è tutta la potenza del saper procedere.. che voglia di saperlo fare! è la spinta che ricevo quando ti leggo, la forza di questo blog: sento l’idea, il lavoro per renderla concreta, i passi per compierla e il risultato. forse un giorno imparerò..spero presto!!