Buongiorno a tutti!
Molti di voi non se lo ricordano, Alias era un gioco di scrittura di questo blog (ecco qui gli altri Alias – pochi, per la verità: Leone e Ada) che, partendo da una foto antica senza nome né luogo, le regalava una storia di pura (e rincuorante) invenzione.
Oggi ritorna e lo fa con la foto che mi sono ritrovata nel portafoglio dopo il Bookeater Club di dicembre (ah!!! prossimo appuntamento del book club —> 28 gennaio, ore 19, presso l’Appartamento Lago).
Ho deciso che la foto a cui ho promesso di dare una storia ritrae Leonardo, un uomo abituato a correre per paura della sosta. Conoscete questa tipologia di persone? Sono molte più di quanto si pensi.
Leonardo ha un cuore enorme di cui, forse, si vergogna. Le sue intuizioni sono delicate e profonde.
Ecco, dunque, la lettera che scrive ad Elsa, sua moglie, mentre si trova su un treno regionale che lo porta a casa dopo una lunghissima giornata di lavoro. Ha perso tutti i treni “comodi” e si trova su un regionale che ha duplicato le ore di viaggio.
Passa per Genova, in quel preciso punto della ferrovia in cui, per un centinaio di metri, o forse due, il passeggero si trova a pochi metri dalle finestre di famiglie sconosciute, intente a vivere la vita come fossero su un palcoscenico.
Cara Elsa,
un giorno, non te lo dissi mai, la vecchia che vendeva strambe immagini votive alla fine della nostra via mi guardò scura in volto e mi disse che dovevo smetterla di correre.
All’inizio sorrisi, ma poi lei aggiunse che, se mi fossi finalmente fermato, avrei notato, per esempio (disse proprio “per esempio”) i tuoi occhi tristi.
Ricordo che mi salì un calore pungente lungo tutta la schiena, fino al collo, ricordo che le buttai qualche spicciolo in direzione del cestino che teneva ai piedi e che corsi via, fingendo di avere problemi ben più grandi delle sue illazioni.
Come si permetteva quella vecchia megera di dire a me cosa dovevo fare? Quel pensiero non mi abbandonò per giorni: spesso mi faceva infervorare, altre volte mi gettava in un profondo stato di ansia e prostrazione. Poi arrivò l’inverno e tanto la via quanto i miei pensieri cancellarono le sue odiose parole.
Non so come mai me ne sia ricordato proprio adesso, nella gelida carrozza dell’unico regionale trovato stasera, con l’urgenza in corpo di riabbracciarti.
Non so se sia colpa del finestrino, che passa in rassegna una vastità tetra e brumosa, o se tutto dipenda da Genova, che ti fa passare in mezzo alle sue cucine illuminate, lungo i tavoli pronti per la cena. Scorgi l’abbraccio del padre al figlio, si scosta una tendina e vedi il sugo sul fuoco, nei suoi feroci attimi di bollore.
Sarà colpa di Genova, Elsa, ma stasera, a qualche chilometro da te, penso a quella vecchia e ai tuoi occhi tristi. Sarà di certo colpa mia, mi dico, mentre vorrei avere il coraggio di fermarmi e di guardarti davvero.
Ti ho sempre detto che avresti dovuto svegliarti, amore mio, che la vita non è un gioco, che a furia di perdere tempo nei dettagli, il tempo non torna e i dettagli restano sempre e solo dettagli.
Ma, perso nel dondolio della mia ennesima giostra, con il solo bisogno di togliermi le scarpe e di accarezzare i tuoi ricci, penso che la vita, la mia vita, non si sia mai occupata di essere un gioco perché ha la fortuna di avere te, che sei l’assenza di regola più colorata.
E allora, mentre il finestrino è attraversato da instancabili diagonali di pioggia, mentre spero di riuscire a raggiungerti in tempo perché tu sia ancora sveglia, ti dico che io continuerò a fingere che i dettagli non siano importanti ma ti sia sempre chiaro che tu e loro mi avete salvato.
Sempre tuo,
Leonardo
Nella speranza di avervi regalato qualche riga di gioia, vi auguro una buona giornata!
Camilla
Zelda was a writer
Per queste foto ho realizzato la mia Samantha Samsung NX30.
La lettera e’ bella bella bella.
E quegli occhi tristi mi hanno fatto pensare ai versi di una delle mie canzoni preferite di Leonard Cohe, Famous Blue Raincoat:
Yes, and thanks, for the trouble you took from her eyes
I thought it was there for good so I never tried.
Spero ci saranno ancora tante altre puntate di Alias. C’e’ sempre piu’ bisogno di avere nostalgia della bellezza.
Quanto mi piace quando qualcosa qui ti piace!
Ci saranno altre puntate, sì… Ho un bisogno impellente di scrivere parole e immaginare vite <3
*era Cohen, sorry
che gioco bellissimo questo. che storia affascinante..complimenti! =)
Grazie! Sono felice che ti piaccia <3
Mi è sempre piaciuto cercare delle storie dietro le fotografie… dietro i volti…
Questa rubrica è davvero bella e particolare…
Seguirò con piacere le prossime puntate :)
Ne sono davvero felice!
Un sorriso!
Gioissima!
ciao
Benedetta
Benedetta!
Evviva <3
Cara Camilla,
che bella e toccante e poeticamente vera questa tua lettera.
Sei la mia continua fonte di ispirazione e sappi che da “grande” vorrei essere proprio come te ( anche se sono molto più vecchia!).
Un abbraccio sincero
Raffaella, oggi parole simili sono una coccola meravigliosa!
GRAZIE DI CUORE e MILLE BACI!
Oddio, questo “gioco” è bellissimo.
E questa lettera. Beh, questa lettera mi ha regalato una gran bella emozione.
Sì, anche io quando diventerò grande, vorrò essere un poco come te.
Un abbraccio!
L’amore…